Dal 6 agosto sbarca nelle sale “Galveston” un classico road movie americano, con una punta di noir e una ventata di freschezza in stile francese.
”Galveston” racconta la storia di Roy (Ben Foster) un sicario che conduce una vita decisamente difficile. Nel suo viaggio per scappare da chi lo vorrebbe morto, incontra Rocky (Elle Fanning), una giovane di 19 anni con un passato oscuro e una sorellina da salvare. Il viaggio on the road tra i motel del Texas proseguirà insieme, chissà in quale direzione.
“Galveston” – distribuito da Movies Inspired – è il frutto di un originale sodalizio creativo, quello tra la sceneggiatrice e regista francese Mélanie Laurent, l’autore (anche di “True Detective”) Nic Pizzolato e il produttore Tyler Davidson.
Che “Galveston” sia un classico road movie americano non ci piove e il tratto noir è decisamente evidente e anche abbastanza stereotipizzato, ma quei movimenti di camera sottolineati insieme a quella pittoricità sognante, rendono il film un riuscitissimo incontro tra uno dei più amati generi americani e la raffinatezza e ricercatezza del cinema europeo.
I pilastri di “Galveston” sono senza dubbio i due protagonisti: Ben Foster ed Elle Fanning giocano con le note alte e basse dell’anima dello spettatore e quando si mettono a nudo, strizzano lo stomaco fino a star male, fino a sentire addosso proprio quello strazio esistenziale lì.
“La materializzazione di un sogno: lavorare con Ben Foster ed Elle Fanning” racconta la regista di ”Galveston” Mélanie Laurent, che aggiunge: “Due persone di valore, che hanno infuso profonda intensità emotiva nel film, facendosi inoltre coinvolgere nella fase di produzione più di qualsiasi altro attore con cui avessi lavorato in precedenza. Prima delle riprese, con Ben abbiamo valutato ogni minimo dettaglio del suo personaggio in modo che ciascun aspetto fosse definito; Elle, invece, si è basata più sull’istinto e il suo personaggio è stato costruito durante le riprese, conversando sul set, valutando le sue sensazioni momento per momento. Due modi diversi di relazionarsi con il proprio lavoro, entrambi per me affascinanti”
Ho sempre pensato cosa sarebbe potuto succedere se la fluida tecnicità del cinema americano, con i suoi ritmi mai fuori tempo (che parliamoci chiaro, non stancano mai) un giorno avesse incontrato la riflessività del cinema francese. Non poteva esserci sorpresa migliore.
Quella di “Galveston” è una combo perfetta.