“Diari precari” è un’antologia di tragicomiche vicende precisamente ritagliate dalla vita reale (la mia), dall’intreccio del romanzo “A ciascuna il suo” (sempre mio) e dalla narrazione collettiva nata insieme alla community di “A ciascuna il suo_il podcast” (che conduco insieme a Giorgia Conteduca). Tra queste righe troverai: sesso sognato, mal-gestito, straparlato, sopravvalutato, desiderato; donne e uomini pasticcione/i, imbranate/i, affascinanti, odiose/i, pericolose/i; ma soprattutto, riflessioni semiserie sulla “crisi relazionale” che riguarda il dramma comico della nostra generazione – quella della precarietà affettiva… che non è poi così male: ormai ci siamo dentro fino al collo, quindi tanto vale cercare di trasformarla in un punto di forza!
Azzarderei a riguardo anche un’analisi sociale. 50 anni fa ci si sposava più giovani: si cresceva insieme, ci si adattava l’una all’altro e al contesto insieme, si costruiva un progetto. Poi, era il progetto a fallire, eventualmente. Adesso ci si incrocia da adulti: identità definite, capacità di adattamento ridotte, necessità imperitura di conservare il proprio spazio privato come un’isola perfetta separata dal folle mondo, paura di fallire come individui – è chiaro che le probabilità di relazionarsi a lungo termine diminuiscono, perché dovremmo essere così fortunate/i da trovare proprio la mezza mela giusta, la nostra – non siamo due semini che costruiscono insieme un frutto che prima non esisteva, com’è accaduto ai miei genitori, che si sono fidanzati a 16 anni e stanno ancora insieme ora che ne hanno 63: è con quell’idea dell’amore che alcune/i di noi sono cresciute/i, dunque è più che normale che non siamo in grado di collegarla al contesto. Siamo perfettamente capaci di avere un rapporto con l’altro/a da noi; solo, ce ne stanchiamo prima, perché in fondo bastiamo a noi stesse/i, e se un partner ci dev’essere, deve rappresentare un netto miglioramento…altrimenti ciccia bello/a, cambia strada che c’ho da fa’.
Racconto storie di ricerca inquieta e rocambolesca, che cominciano con l’intenzione di trovare qualcuno e finiscono con un viaggio dentro se stesse e se stessi – un viaggio durante il quale quello che scopriamo non è quasi mai quello che ci aspettavamo di scoprire.
“Diari precari” è un affresco generazionale, femminista e quindi paritario, mai scontato, pieno di irresistibili, esilaranti disastri in forma di pillole di parole… a ciascuna/o la sua!
Chiara Becchimanzi
NOTTI MAGICHE
Graffi
Profumati
Graffi profumati
di barba
sul collo.
Le scapole contro la parete
Sotto le scapole, una stretta calda
Suona qualcosa
nel rosso
Mi riempie la gola il suono
è come se fossi dentro la musica
La stretta la segue
Forte
piano.
Sento l’odore di un respiro – vicino – è come se fosse il mio – ma non è il mio.
Io non fumo
E questo respiro ha un fondo di tabacco
buono.
Speziato
come i graffi
Rose umide sulle spalle, tra i seni.
Rose umide di tabacco, con qualche spina che graffia.
Graffia ancora.
Ancora
ne voglio
ancora.
La stretta aumenta.
Sento un sospiro.
È il mio?
Sto sospirando,
è rumoroso,
c’è anche la voce dentro
ogni tanto.
Note sparse, acute, sottili, liquide.
Le dita dentro i sospiri
una
per
una.
Le dita calde, che prima stringevano, adesso disegnano i sospiri, li accarezzano…
sanno cosa suonare.
Come se leggessero il braille
Come sfiorassero la superficie dell’acqua
Sgranassero, lentamente, sabbia bianca
Come avessero paura di rompermi.
Toccano
Me.
Ogni tanto premono, come sulle corde di uno strumento.
E come le corde, ogni volta che premono io suono.
Suono dentro fuori di lato
Come sono arrivata qui?
Bevevamo… ridevamo… in un angolo le mie Cavalli tacco 12 sbirciano da sotto una camicia scura, da uomo, elegante – la sua. La manica destra sembra indicare il mio reggiseno nero, abbandonato sul parquet: pizzo, legno, l’abito da sera che indossavo, una calza autoreggente…
Il tanga lo sento ancora addosso – lui ci gioca, lo sposta, lo usa per stuzzicarmi – poi, quando il sangue batte più forte – e lui sembra saperlo – lo sfila via, e ricomincia con le dita
umide adesso.
Mi aggrappo a quelle dita e scivolo in basso
Il rosso ora è cobalto, la mano scorre il mogano, le ginocchia su un tappeto morbido
un corpo intorno, mi circonda, e le dita suonano, e le labbra incastrano…
Forse sono quattro forse i corpi sono due
uno lo disegno con le mani
il pelo rado del petto, quello soffice del punto più pulsante vivo odoroso dio come lo voglio, lo voglio adesso, mi avvicino ma le dita mi trattengono, stanno insistendo, il corpo dietro di me aderisce alla mia schiena, è caldo, io lo stringo con il braccio per sentirlo più addosso
giro il volto gli lecco le labbra che sanno di me gli guido le mani sul seno
lui pizzica delicatamente e poi succhia
Il volume della musica è altissimo, siamo tutti e tre a terra, c’è una candela in fondo, nell’aria il sudore buono nostro io vedo le mie mani come da lontanissimo, la destra affonda in una testa castana e la attira lì dove voglio essere baciata, la sinistra prende decisa quello che vuole e lo guida dentro
mi muovo avanti e indietro tra di loro
le lingue sulla spalla sulle labbra il tabacco il cobalto gli archi della musica il calore dentro i capelli tra le dita il mio respiro il loro più forte più frequente la testa si svuota il corpo si contrae sto annegando nel velluto non sono più
sento e basta
sento
lui
che mi bacia mi lecca mi disegna con la lingua
e lui
che spinge grosso orgoglioso delicato deciso assecondando il mio spazio incastrandosi in me sono pronta per venire sto per venire è fortissimo è immenso è come…
ecco che
- CATERINA! CATERINA! Caterina!
Ma cosa…
- Caterina! Ma che hai chiuso a chiave?
Non capi…
- Caterina! Ma lo dobbiamo fare o no questo cambio di stagione?
MAMMA??? No mamma non è il momento per il cambio di stagione esci ti prego ma poi che ci fai qua questa non è mica casa mia è casa di uno di questi due bronzi di Riace che ora che ci penso non so neanche come si chiamano però sono adorabili…oddio erano adorabili, dove sono? Non ci sono più no vi prego tornate indietro, ricominciamo da dove avevamo interrotto mamma rovini sempre tutto dio santo
- CATERINA!
La luce del mattino filtra dalle tende bianche. Il piumone a fiori intorno. Il pigiamone azzurro addosso. I calzettoni di lana. Uno solo per l’esattezza, l’altro chissà dov’è. Il letto enorme, nel quale sono irrimediabilmente sola. Unica compagnia i cuscini (almeno 5). Mia madre fuori dalla porta, che giustamente blatera che sono la solita, che mi dimentico solo le cose che riguardano lei, prima chiedo una mano e poi non metto la sveglia, lei è uscita da casa alle 7, a 32 anni il cambio di stagione potrei farmelo anche da sola, no tesoro scusa non volevo dire questo, lo so che mi chiedi aiuto per stare un po’ con me, perché hai bisogno della tua mamma…come quando di notte ti facevi la pipì addosso te lo ricordi come ti sentivi sola? Ma qui c’è la tua mamma, come allora, come sempre, ti ho portato la colazione amore della mamma, aprimi.
La realtà, in tutto il suo splendore.
Tristezza, devastazione, disagio.
Ma neanche nel sonno un orgasmo, porca miseria!
Voglio un uomooooooooooooooooooooooo!