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L'agenda di Rebecca
DIARI PRECARI

Diari Precari #2: “L’agenda di Rebecca”

Caterina, che abbiamo conosciuto nel primo episodio, è tutta sogni e ricerca dell’anima gemella, dell’uomo della sua vita. Lo cerca da talmente tanto tempo che tende ad “accollarsi” a qualsiasi individuo maschile la degni di attenzione per più di un’ora. Rebecca, che conosceremo oggi, è un po’ più pragmatica, analitica ed egocentrica – è stata “donna della vita” per molti; ogni volta è fuggita a gambe levate dopo un lasso di tempo che non ha mai superato i 2 anni, e quasi ogni volta ha vissuto un pericoloso e fugace ritorno di fiamma.

Iniziamo con lei la settimana: nel weekend ha avuto un incontro sessuale disastroso con un certo Manuel, poi ribattezzato “eroe della Resistenza” (a buon intenditor… ): una serata buttata, 5 ore di noia di cui almeno 2 passate a fare zin zin con lo stesso identico ritmo a stantuffo, che non è mai cambiato nonostante i numerosi segnali che ha tentato di lanciare al povero stantuffatore. Nelle prossime puntate leggeremo anche la versione dell’eroe della Resistenza, ma per adesso tuffiamoci in questo lunedì con l’agenda di Rebecca e le sue riflessioni esistenziali (disturbate da Laura Pausini).

IL SOLITO TRAN TRAN#1_L’agenda di Rebecca

Lunedì —> LA MACCHINA È PARCHEGGIATA A SINISTRA!!!

  • ore 7.00 // sveglia
  • ore 7.15 // sveglia
  • ore 7.30 // sveglia
  • ore 7.45 // sveglia
  • ore 9-12 // IC Don Milani

I B// crome e biscrome, solfeggio. Storia degli strumenti musicali, interroga a caso.
II B// sentire i solisti, interrogare quello carino col neo per fargli recuperare l’insufficienza
III B// coro: Rollin’ in the deep gospel (che figoooo)

Note:
Attraversando il parcheggio della scuola: tento di superare la barriera di parcheggiatori, e proprio quando penso di esserci riuscita indenne – tipo Atreiu con l’Oracolo del Sud:

PARCHEGGIATORE 1 al suo compare: ‘Namo spostate, che oscuri!
PARCHEGGIATORE 2: Oscuro sto ber sole che sta a passa’, è vero!
PARCHEGGIATORE 1: È proprio… bbona! È bbona!
PARCHEGGIATORE 2: Ammazza ma te ‘e fai popo scappa’ ee donne, nun ze dice bbona, se dice bella…
PARCHEGGIATORE 1: C’hai raggione…
PARCHEGGIATORE 2: Ammazza sei proprio ‘n criminale, sei ‘ncafone, sei… un BUZZURRO.

Dalla metafora ai termini desueti. La periferia che non ti aspetti.

*ERA UNA MOLESTIA! STAVI PER PROTESTARE MA TI È VENUTO DA RIDERE. NON VA BENE! OPPURE Sì?

  • ore 12.30 // ceretta da Erica (ricordarsi di dirle di fare bene le caviglie – ENTRAMBE!!!)
  • ore 13.30 // pranzo da Matilde – situazione de merda, prepara fazzoletti. Prendi vino buono e molto alcolico

Note:
In mezzo alla strada sotto casa di Matilde (Torpigna!!!) c’è un gabbiano che sembra un cane di taglia media. È enorme. È fermo. Mi guarda. Io lo guardo. Poi mi guardo intorno – lo vedo solo io? Non c’è nessuno con cui verificare. Il gabbiano è tranquillo, sembra sia nato in quell’angolo di strada. Ma che mangia, qui tra i locali? Topi? Certo ha un becco bello imponente il gabbiano. Lo stritolerebbe subito un topo. Guardo se ci sono topi in giro… no, niente topi. Il gabbiano mi guarda ancora. Io sostengo gli occhietti scuri e inquietanti. Jonathan Livingston? Messaggio Cechoviano? Reminiscenza della sigla di Rai Cinema cantata da Lucio Dalla? Vuoi un topo, gabbiano? Io non ne ho, topi. Il gabbiano sembra farsene una ragione e volacchia faticosamente raso terra – roba che se c’era un ragazzino lo pigliava in faccia. Io mi rendo conto che sono ferma da più di 5 minuti e forse è il caso di ripartire. Ma l’avrò visto solo io? 

*TROPPO VINO, TROPPO ALCOLICO. BEVI MENO A PRANZO!

  • ore 15.00 – 17.00 – esercitazione violino (falle tutte, è lunedì!)
  • ore 17.30– padrone di casa (preleva! Preleva! Preleva!)
  • ore 18.00 – commercialista (stai calma, non lo insultare, lo paghi poco)
  • ore 18.30 – riunione on line Giulia per impostazione direzione artistica rassegna musicale – economia creativa!
  • ore 19.30 – yoga + pilates
  • ore 21.00 – rivedere Riccardo?

Note:
Pro

  • Gli voglio molto bene
  • Il sesso è sempre stato una bomba
  • È un po’ che non mi emoziono

Contro

  • Potremmo discutere di cose passate
  • Il coprifuoco è alle 22 quindi poi deve rimanere a dormire
  • Allarme minestra riscaldata
  • Siamo diversi! Diversi! Sono passati tanti anni!

***

Riccardo è a Roma per lavoro fino a dopodomani. Vederlo o non vederlo? Se sì, dove? Se no, come dirglielo?

Gli ex: questi conosciuti. Certo ne ho un po’, nel mio carnet… ma perché? Sarà che mi lancio troppo nelle cose. Senza risparmiare energie, sentimenti, eccessi… sarà carattere? O immaturità affettiva? Perché se ci penso con un minimo di lucidità, mi sembra di aver vissuto milioni di vite…e con molti uomini diversi.

Amore passionale viviamo appiccicati? Ce l’ho.
Ci lasciamo però poi ci sentiamo lo stesso? Ce l’ho.
Andare a vivere insieme in una città lontana? Ce l’ho.
Guardargli il telefono? Naturalmente ce l’ho.
Negare di averlo fatto? Manco a dirlo.
Ricevere una proposta di matrimonio con tanto di anello con diamante e inginocchiamento in mezzo alla gente? Ce l’ho. 2 volte e mezzo. (La mezza è perché lui invece dell’anello ha usato un ferrero rocher.)
Ricevere come cadeau un pacco dei vestiti che mi ha regalato (ma che ho lasciato da lui) tagliati con le forbici tipo avvertimento mafioso? Ce l’ho.
Passare le estati con lui e con suo figlio, fatto naturalmente con un’altra, diventando una specie di mamma ad interim ed esserne anche contenta? Ce l’ho.
Lui ci prova con un’altra davanti a me? Ce l’ho.
Cancellare tutti i suoi messaggi e poi piangere per averlo fatto? Ce l’ho.
Ci lasciamo non ci sentiamo però se ci incontriamo finiamo a letto insieme tra grandi sospiri e patemi d’animo? Ce l’ho.
Due uomini litigano per me tipo “Cavalleria Rusticana”? Ce l’ho.
Ci evitiamo per mesi pur abitando nello stesso isolato e frequentando gli stessi quattro stronzi? Ce l’ho.
Dopo esserci evitati per mesi pur abitando nello stesso isolato e frequentando gli stessi quattro stronzi ci incontriamo per caso e ci abbracciamo per mezzora senza dire nulla ma piangendo entrambi? Ce l’ho.
Presa da un moto di follia gli pulisco tutta casa? Ce l’ho.
Venire alle mani e fargli molto male chi se lo sarebbe mai aspettato? Ce l’ho.
Io mi metto con un altro ma lui lo viene a sapere e in qualche modo si riavvicina; io lascio quell’altro e poi però lui se ne va comunque? Ce l’ho.
Subire uno stalking? Ce l’ho.
Diventare una stalker? Ce l’ho.
Mi lascia, io sto malissimo per molto tempo, poi ritorna dopo anni dicendo di avere imparato a memoria la mia lettera d’addio? E me la recita??? Ce l’ho.
Comprare un divano da 2000 euro per il nido d’amore e poi scappare con un altro lasciando fidanzato, nido d’amore ma soprattutto divano, mortacci mia, 2000 euro? Ce l’ho.

Mamma mia, ma quanti ex ho? Troppi. Tutto intenso, tutto indimenticabile. Tutto adolescenziale? Forse. Sicuramente tutto molto… drammatico. Teatrale, oserei dire. Definito da una sorta di urgenza del conflitto… che poi deriva dalla difficoltà di comunicare. Che deriva… da entrambi, credo. O soltanto da me? Voglio dire… tutti questi amori – tutti questi tanti amori… Tanti amori, sembra una canzone della Pausini – ah no, era strani amori. Strani amori! Che pezzo orrendo – eppure lo so a memoria. Direi che è un bel paradigma delle mie dinamiche relazionali: una cosa orrenda che però sai a memoria, per una sorta di attrazione morbosa. Contrasti; negazioni; ossimori. Insomma, perché tutti questi strani tanti amori finiscono? Perché fuggo proprio dopo aver comprato il divano? Le due cose sono connesse? Il divano e la fuga? Sono io che li scelgo sbagliati o sono loro che sbagliano me? O è la reazione chimica a non funzionare? Oppure ormai siamo troppo adulti per innamorarci davvero, per impegnarci a condividere – nel senso che le identità sono troppo autoreferenziali per affiancare il cammino a quello di un altro? Per la serie: se non è successo a 20 anni non succederà più?
Fammi pensare…

Strani amori che // fanno crescere //
No, santo Cielo voglio pensare alle cose serie, non a ‘sta canzone improbabile
// e sorridere //
Basta!
//fra le lacrime//
Ad ogni modo, il dubbio che sia io a boicottare
//un gomitolo nell’angolo//

Ma che voleva dire poi un gomitolo nell’angolo? Laura, quanto ci hai rovinate.
A cosa pensavo? Ah, e se fossi io a boicottare tutte le mie storie dall’interno – sono la mia serpe in seno? Qual è il confine tra la difficoltà reale di comunicare e la barriera di premonizioni auto-avveranti che mi costruisco da sola?
Facciamo mente locale. Qual è la mia media di durata in coppia? Il mio limite medio di resistenza è vediamo… due anni. Due anni. Ammazza, poco. A parte il primo, con cui sono stata per 3 anni – dai 15 ai 18. Come la prima guerra mondiale.  

Il ciclista: che bel sedere aveva. Un ciclista fascista… che mi sembrava già allora una contraddizione in termini, non so perché. Forse perché associo i ciclisti ai partigiani, per via delle salite in montagna. Ma il mio povero lui era fascista anche perché era piccolo, e non sapeva ancora nulla del mondo: si affidava a una retorica storica, che poi ha imparato a riconsiderare. È cresciuto, e ha smesso. Perché non si può essere fascisti! Tanti nemici tanto onore… tanti nemici fatti due domande. Tanti nemici – e gli amici? Tanti nemici: sei uno stronzo! Già a 15 anni avevo la presunzione di poter cambiare un uomo – perché io credevo di convincerlo a bruciarla, prima o poi, la foto di Benito che aveva nel portafogli. Mi sbagliavo: l’ho lasciato prima. Ma forse, a pensarci un po’ più lucidamente, non avrei proprio dovuto sceglierlo. Sbagliato in partenza. Errore mio. Perché l’ho scelto?
Perché è stato il primo uomo a rivolgermi attenzione dopo la trasformazione da bozzoloocchialutograssoccioconapparecchiocompletodipezzidiprosciutto a signorinagraziosacontuttoalpostogiusto (che però dentro era ancora il bozzolo precedente, e che quindi interpretava le suddette attenzioni come un’evenienza eccezionale mai più ripetibile).

L’ingegnere campano: bellissimo, dolcissimo, coltissimo, brillantissimo. Però: quando andavo via da casa sua la ripuliva da tutti gli eventuali capelli biondi caduti, più metodico di un ossessivo compulsivo, perché sua madre NON DOVEVA SAPERE. Mi ha invitato a raggiungerlo in villeggiatura ma non mi ha ospitato a casa perché secondo i suoi “non stava bene”. Insomma, una famiglia molto presente. L’ho lasciato il giorno in cui mi ha raggiunto a Roma con i biglietti per Vienna come regalo di Natale – delicatissima. Anche lì – alla prima bonifica pilifera sarei dovuta fuggire, e non l’ho fatto. Perché non l’ho fatto? Perché venivo da un periodo di mestizia e detestavo la solitudine. Altro errore mio.
Il compagno di conservatorio: era un tesoro. Mi ricordo lo scooter e Roma d’autunno che ci sfreccia veloce accanto e lui che mi prende la mano e se la poggia sul petto…e gli auricolari con la musica swing al massimo e la risata…che risata aveva. Sonora e lunghissima, da farti tremare. Mi amava da morire…quanto l’ho fatto soffrire. Non ci posso pensare. Perché l’ho fatto soffrire? Perché sono stata una stronza, punto. Errore mio, mio, mio.

L’attore fattone: l’inaffidabilità, l’incostanza, la volubilità. Ero pazza di lui, incomprensibilmente. Lui, che dopo avermi lasciata e aver constatato come la cosa mi avesse mandato completamente fuori di testa, ha deciso di propormi un viaggio a sorpresa – ti porto in un posto, fai una borsa per dormire fuori, no lo shampoo non ti serve, ecco, prendiamo l’autostrada, parcheggio qui, per di qua, ti dò la mano che è un po’ impervio, ecco monto la tenda, ma dove siamo che è buio e non vedo niente e sento acqua che scorre?, vedrai è una meraviglia, ma quando vedrò?, domattina e mi ringrazierai! Aveva ragione. L’ho ringraziato per vari motivi: per aver fatto l’amore sullo scoglio in mezzo al fiume tutti nudi a metà mattina (+50 punti), per la mucca che mi ha dato il buongiorno a un centimetro dalla faccia appena ho aperto la tenda (-10 punti), e anche per il commiato da manuale: “No, ma ti ho portato qui solo per dirci addio eh, mica avevo altre intenzioni. Ma perché tu hai pensato che fosse un riavvicinam…scusa, mi dispiace. Ciao, ci vediamo” (suicidio del segnapunti). Non c’è mai stato alcun motivo di inseguirlo – forse inseguirlo era l’unico motivo di inseguirlo. Errore stra-mio.

E poi? L’idraulico/falegname/ristoratore/tuttofare narcisista che non riesce a fare programmi di vita oltre i tre mesi; il commerciante col problema della rabbia; il ragazzo padre che prima mi ha fatto conoscere il figlio e poi mi ha pisciato; le convivenze che a soli tre mesi dall’ingresso in casa si trasformano in  ménage coniugali ventennali senza stimoli, senza iniziative, senza follia, con il sesso che si riduce a un’oblazione settimanale… Quest’ultimo scenario è una cosa che capita spesso, a quanto pare;  l’altra sera, a cena, ben 3 amiche su 5 descrivevano più o meno la stessa dinamica: ci si innamora, si decide di “fare il grande passo” (ovvero condividere una casa) e l’uomo dei sogni muta gradualmente in un grigio pantofolaio, a tratti figlio a tratti coinquilino, seduto – fisicamente e mentalmente. Come se non aspettasse altro che la convivenza per appendere ardore, sex appeal e intraprendenza al chiodo e vegetare accoccolato sul divano.
E cosa accade, allora, a lei? A lei, donna quasi sempre indipendente, multitasking, autodeterminata, che ha lavorato su di sé?
Che reagisce diventando una rompicoglioni di dimensioni epiche, ogni volta che può.
Per esempio quando cerca di attirare la sua attenzione mentre lui sta facendo altro. E lui ci mette: dai 6 ai 15 secondi per accorgersi che quella che sente è la sua voce; dai 10 ai 20 secondi per capire che non è nel suo cervello, ma è lei che gli sta parlando; 5-10 secondi per guardarla e ascoltarla mentre gli chiede di fare una cosa; quell’altro secondo in più a capire cosa vuole che faccia; quell’altro secondo in più per capire come farlo; quell’altro secondo in più per chiederle conferma di aver capito bene; quell’altro secondo in più per cominciare; quell’altro secondo in più per sviluppare l’azione… Che alla fine diventano 5 minuti, che nella giornata di lei naturalmente non c’entrano – figurati, siamo così impegnate! Ergo, lo liquida con un adorabile: “Lascia, faccio io va!”, dimostrandosi l’odiosa rompicoglioni che è diventata. Certo, ha ragione ad esserlo, è una delle sue conquiste. Però a te donna no, a te-me, ma che diamine ti cambiano 5 minuti in più o in meno? Ma gli vuoi dare il tempo di capire come deve fare per aiutarti? Ti vuoi fare aiutare o no? Non sarà che in realtà tu l’aiuto non lo vuoi, perché vuoi dimostrare di poter fare da sola?
Ecco: però basta, con questo darmi la colpa di tutto. Si può mai trattare di errori solo miei? E se sono stati comunque errori, per quale assurdo motivo con quasi tutti i miei ex ho avuto almeno un ritorno di fiamma? Che diavolo di circolo vizioso è? Che meccanismo? Ha a che fare col masochismo, con il “meglio la strada vecchia che almeno la conosco”, o con chissà quale altra torbida dinamica psichica?
Perché in definitiva io…sono abbastanza. Mi sento finalmente abbastanza – la terapia mi è servita a questo. Sono abbastanza: autodeterminata, pienamente cosciente, quasi onnipotente – e non voglio più accontentarmi. Sono abbastanza!
Prima pensavo di sbagliare tutto – tutto. Mi tuffavo negli amori con l’unico, potente desiderio di soddisfare completamente il meraviglioso Lui – quando non ci riuscivo, mi sentivo profondamente sbagliata, e frustrata, e triste. Poi ho cominciato a pensare più a me – e ora penso solo a me. Che è sicuramente giusto, sacrosanto, lapalissiano – ma qualcosa stride, rumoreggia dentro, stringe lo stomaco: perché se filasse tutto liscio, mi sarei liberata di quel Manuel al primo morso in testa. Invece ho perso 5 ore appresso a lui, e neanche gli ho detto che non mi è piaciuto. Quante volte l’ho già fatto? Quante volte non ho detto la verità perché temevo che il lui di turno non la potesse reggere? E che effetto ha avuto? Non sarà che continuando a proteggerli (o a non fidarmi di loro, a seconda dei punti di vista) non faccio che renderli ancora più beoti?

Ma che cosa voglio io?
Un orgasmo al giorno, non autoindotto. È chiedere tanto?

Quante contraddizioni. Gli ex sono ex, eppure ogni tanto ci ricasco; non voglio accontentarmi, eppure lo faccio; penso alle relazioni, ma il primo desiderio che mi viene in mente è sesso puro e semplice, senza null’altro…devo smetterla di assecondarle: se mi sento abbastanza, voglio che ne valga la pena, e se non ne vale la pena, ciao. Ma se ciao dev’essere, il mio radar va migliorato: deve funzionare ben prima di arrivare a certe tappe – tanto i segnali ci sono, a ben guardare. Devo solo affinare la scansione.   

Riccardo sì o Riccardo no? Tutto sembrerebbe portare al no – il che però vorrebbe dire sicuramente perdermi l’unica occasione in più di due mesi di fare un sesso veramente interessante… perché lui è proprio… è proprio…uno che sa dove mettere le mani. E la lingua. E…

No! Cazzo! Ho mancato l’uscita. Ancora! Ma poi dove diamine sono… Settebagni? Ma dovevo uscire sull’Appia! Devo smetterla di pensare mentre guido. Anche dal punto di vista economico è una tragedia. Sto di nuovo in riserva.

Riccardo no, comunque. Urge un cambio di strategia.

(Tutti i diritti sono riservati)

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