Paolo Gambi è uno dei personaggi contemporanei più intriganti e complessi che merita di essere svelato. Un poeta anarchico, che naviga il mondo cripto alla ricerca di linguaggi per riempirlo di poesia. Paolo è nato a Ravenna nel ’79, si laurea a Bologna prima in giurisprudenza, poi in psicologia. Ha un dottorato di ricerca in materie storico-giuridiche. Ha scritto saggistica, narrativa e poesia e da anni ricerca il rapporto fra la poesia e le nuove tecnologie. Ha vissuto molte vite e da giornalista pluripremiato, oggi Paolo Gambi è uno dei pionieri della cripto-poesia, uno dei primi italiani ad aver ficcato il naso nel mondo degli NFT (Non – fungible token).
Fondatore del movimento internazionale Rinascimento poetico, ha scritto complessivamente trenta libri, romanzi, poesie e saggi, ed è tradotto in sei lingue. Per molti anni ha pubblicato per il Gruppo Mondadori e ha firmato libri insieme al Cardinal Ersilio Tonini (di cui è biografo ufficiale), ad Alessandro Meluzzi, ad Alessandro Cecchi Paone, a Ettore Gotti Tedeschi, a Raoul Casadei (di cui è biografo), a Gustavo Raffi e Igles Corelli.
La sua ricerca artistica ruota intorno alla parola, nel rapporto con la psiche e la tecnologia.
Chi è Paolo Gambi?
Una persona semplice, orgogliosa di arrivare dalla provincia. Uno che ha ricevuto dalla vita un regalo, che intende restituire: il dono, o la condanna, di vedere ciò che “è invisibile agli occhi”. Cerco di tradurre questo invisibile in un linguaggio che sia comprensibile. Paolo è una lingua che vorrebbe comunicare: mettersi in comune per condividere ciò che si vede con le palpebre chiuse. Che lo strumento sia una poesia, un NFT o un romanzo, alla fine questo per me è fare arte.
Cos’è l’arte per te?
Una chiamata, perché è una vocazione, un po’ come un sacerdozio della bellezza. È arrivata presto nella mia vita: a quattro anni imparai a scrivere, grazie a mia sorella e la prima storia la scrissi in quarta ginnasio. Tuttavia, ho impiegato un po’ per comprenderla, ripiegando dapprima sul giornalismo, l’insegnamento… cercando la strada. Quello che mi è rimasto del mondo cattolico da cui vengo è il senso della vocazione: io la mia l’ho trovata, finalmente. Sono un matto che insegue la parola. Mentre i grandi si impegnano, giustamente, per l’ecologia della terra, noi dobbiamo fare anche un’ecologia della parola. Essere capaci di fare poesia significa essere in sintonia con la vibrazione iniziale, quella del Big Bang, cioè con la creazione. Con l’uso poetico della parola voglio mettermi sulla scia del Creatore. Non è una vocazione da poco.
Provieni dal mondo cattolico e sei stato a lungo uno stretto collaboratore del Cardinal Tonini, con il quale hai scritto anche il libro “Il gusto della vita”. Che cosa hai imparato da lui?
Dal Cardinal Tonini ho imparato tantissimo e soprattutto che bisogna guardare con ottimismo ogni cosa e che anche la peggiore ha il suo lato buono, la sua bellezza. Lui ha sempre radunato i bimbi smarriti e io ero uno di quelli. Anche se da allora sono cambiate molte cose non rinnego nulla, lui è stato e rimarrà il mio maestro.
Che cosa è cambiato dopo?
Finché sono stato religioso e conformista, cercavo di metter bollini alle cose. Poi mi è successa una bella cosa: ho scoperto che esiste un mondo senza nomi, un modo di vivere diverso. Poesia è dare libertà alle cose. Sono consapevole di andare contro mano, in questo nostro mondo del bianco o del nero, senza sfumature. Io scelgo di essere un po’ agnostico, combattendo questo modo orrendo, attraverso la poesia. L’uso che faccio della parola è questo.
Com’è nata l’idea del movimento letterario e culturale Rinascimento Poetico?
L’idea del Rinascimento Poetico nasce dal presupposto che stiamo vivendo un’era molto complicata e dobbiamo capire cosa portare nel futuro. Io ho deciso di portare la poesia, intesa proprio come ponte tra il mistero che ci portiamo dentro ed il mistero che ci circonda. Detto ciò, può esserci poesia dappertutto e potenzialmente siamo tutti poeti. È nato come movimento di base durante le dirette sul mio profilo Instagram dove ho convogliato un po’ di persone che mi seguivano da tutto il mondo. Abbiamo votato e scelto il nome e finalmente, non appena è stato possibile è sbarcato nella bella realtà degli incontri in presenza.
Paolo e la poesia…
La poesia è il dono che mi ha fatto mia madre. Ho utilizzato a lungo la parola per vivere, facendo prima il giornalista e scrivendo romanzi, biografie, saggi. Poi è morta mia madre e la sua scomparsa ha aperto quella porta che si affaccia direttamente sull’abisso più profondo. La poesia mi ha salvato, portandomi a un linguaggio diverso e regalandomi la luce. Da allora cerco di mettere poesia dappertutto. Potremmo dire che fare poesia significhi innalzare la parola al cielo, o portare il cielo giù, fra le nostre parole. La poesia sta tornando ed io, in questo momento, sono interprete di un modo nuovo di concepire la poesia che va messa dappertutto: nei romanzi, sui muri, nella vita quotidiana.
Con le tue sperimentazioni folli, cerchi nuovi spazi per la poesia per far sì che possa ritrovare il suo spazio, in quest’oggi e nel futuro. Sperimenti l’ibridazione fra poesia e arti visive, fra poesia e musica, continuando a mettere poesia nei tuoi romanzi e nelle tue narrazioni…
Gutenberg è morto, dobbiamo trovare nuove forme e nuovi spazi che vadano oltre il semplice libro. Servono nuovi ponti per l’altrove. Il prima aveva come mezzo per fare poesia la carta, con spazi e regole propri. Questa forma di poesia è moribonda, si vendono meno libri e la poesia per sopravvivere deve essere declamata, librarsi nell’aria, non essere seppellita nella carta. Io cerco di mettere poesia nel mondo che ci circonda portandola al di fuori dei luoghi comuni, sdoganandola la scrivo sui muri, sui corpi e mi piacerebbe portarla nei teatri. Mi piace fare poesia nella materia, in una commistione con l’arte contemporanea e sto sperimentando un connubio con la musica e nella narrazione, nei romanzi. Incontro le persone mi faccio raccontare la loro storia (Raccontami la tua storia, ti regalo una poesia) per scrivere poi dei versi spontanei, che non sono altro che tirare fuori quello che hanno dentro. Nel caso del bodypainting poetry, è un tornare alla radice, mettendo in relazione quello che c’è dentro, per scriverlo sulla pelle; ho scritto su corpi di ogni tipo, modelle, uomini, donne, coppie, corpi assolutamente non perfetti o nel pieno del vigore. I corpi nella loro differenza ci raccontano la loro eguaglianza. Tutto con colori temporanei come temporaneo è il Mandala poetry, scritto con la sabbia.
Qual è la tua missione?
Trovare il modo di fare cultura in modo diverso, la cultura è uno sguardo d’insieme sulla realtà.
Se dovessi fare una breve poesia che parli di te…
Cerco il silenzio
Lo trovo
Parentesi di eterno
Fra le costole
La parola più bella è quella che non viene detta.