Il ritrovamento da parte di un professore di ornitologia di una serie di nastri su cui sono incise le sedute tra Azzurra e il suo psicanalista rappresenta il pretesto per raccontare una storia di amore, morte, incesto, tradimenti e menzogne.
La donna, legata a un rapporto morboso al fratello Manfredi, ma sposata a Timothy, regge le redini di un misterioso triangolo erotico e fatale, in cui risulta difficile capire chi racconti la verità o chi sia veramente innocente. E intanto, nella villa dove abita il professore e dove sono stati rinvenuti i nastri magnetici continua ad aggirarsi una misteriosa presenza…
Stroncato praticamente da chiunque e ovunque, Amore e morte nel giardino degli dei – pellicola del 1972 – presenta tuttavia diversi punti di forza. La lentezza narrativa, che poggia su un gioco di lunghe inquadrature in soggettiva e non e che tende a valorizzare i corpi nudi, quasi esanimi dei protagonisti, subisce la sua nemesi negli ultimi, vorticosi 15 minuti, dove tutte le regole del giallo (e del film stesso) vengono sovvertite in un crescendo di tensione, violenza e colpi di scena al cardiopalma.
Di ottima fattura l’ambientazione rurale, in cui spicca la bellissima villa semiabbandonata, e una ricerca dei colori particolarmente vincente, con una predominanza delle tonalità del rosa, del viola e dell’arancione, quasi onnipresenti nei bellissimi costumi di Erika Blanc curati da Herta Schwarz Scavolini, responsabile sempre nel 1972 degli eleganti abiti di Evelyn Stewart nel sottovalutato Un bianco vestito per Marialè.
Se il cinema di genere è pregno di vicende in bilico tra ossessioni erotiche e delitti passionali, Amore e morte nel giardino degli dei, fin dal titolo, si conferma come uno dei principali rappresentanti del binomio eros e thanatos, con l’aggiunta di una particolare attenzione alle ripercussioni psicologiche e letali esercitate sui protagonisti.
Erika Blanc, oltre che bellissima, offre una prova di recitazione superiore alla sua media. Un piccolo gioiello, ben lontano da alcuni capolavori dell’epoca, ma che sicuramente avrebbe meritato una maggiore attenzione.
di Claudio Questa (photo credits Instagram)
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