Dopo essere stato in testa alle classifiche di vendita di Amazon, in libreria arriva la versione cartacea di Sposerò Harry Potter. Confessioni di una sfigata in chat, edito da Rusconi Libri.
“Volevamo scrivere un libro per ragazzi utilizzando il loro linguaggio, che è quello degli smartphone”: a spiegare come è nata l’idea del libro sono le autrici bolognesi Belinda Barth (la prima mangaka (autrice di fumetti) italiana a distribuire i suoi fumetti in via ufficiale dal 2005) & Elisa Capanni (ha già pubblicato racconti su Playboy Italia, i Classici dei Gialli Mondadori e in varie raccolte).
Il volume, scritto interamente tramite chat di WhatsApp, riproduce anche la forma del cellulare, mezzo con cui i giovani hanno sicuramente più familiarità rispetto al libro tradizionale. Con toni leggeri ma non banali, il libro affronta i problemi che coinvolgono le ragazze in età adolescenziale, dalle mestruazioni, al primo appuntamento, dal bullismo, all’aspetto fisico.
“All’inizio avevamo pensato di scrivere un libro con una parte narrativa tradizionale e una che riproduceva le chat – spiegano le autrici – poi ci siamo rese conto che le chat erano sufficienti per rendere comprensibile la storia, per cui abbiamo deciso di scriverlo esclusivamente tramite messaggi“.
Il libro racconta la storia di Ariel, ragazza che frequenta la prima superiore e si sente brutta e sfigata, con un problema rilevante per quell’età: a differenza di tutte le sue coetanee non ha avuto ancora le prime mestruazioni. Grazie a una sua amica, riuscirà a riscattarsi ottenendo un inaspettato successo sia come cantante, sia con ragazzo di cui è innamorata.
“Si tratta del primo episodio di una serie di cinque racconti che seguono la protagonista durante tutti gli anni delle superiori – raccontano le autrici –. In questo modo vogliamo seguire i problemi delle ragazze adolescenti che cambiano di anno in anno, toccando, con il loro linguaggio, temi che a volte non è facile per loro raccontare. L’intenzione è quella di affrontare temi leggeri ma anche più seri come quello del bullismo“.