Lo scenario apocalittico che pervade i primi minuti di A quiet place (Un posto tranquillo), terza regia di John Krasinski che in questo film si ritaglia il ruolo da protagonista accanto alla sua vera moglie, Emily Blunt, sembra immergerci immediatamente in un episodio di “The Walking dead“: desolazione, edifici abbandonati, una vera lotta per la sopravvivenza.
Ma qualcosa cattura l’attenzione: perché la famiglia che raccoglie medicinali in una farmacia deserta comunica a gesti? Perché sono tutti scalzi e attenti a non fare il minimo rumore? La risposta arriva a breve, quando, in cammino lungo un bosco con zaini in spalla verso una destinazione non definita, la famiglia Abbot assiste paralizzata alla morte del figlio più piccolo, colpevole di aver attivato il dispositivo acustico di un giocattolo. E la creatura che ha divorato il bambino sembra uscita direttamente dall’inferno lovecraftiano di “The Mist“, pellicola cult di Frank Darabont del 2007, tratta da un racconto di Stephen King.
La lotta alla sopravvivenza è dunque una lotta alla forma parlata: le creature infernali sono “cieche, non sorde”, citando l’immenso Flavio Bucci di suspiriana memoria. Una pellicola, dunque, che celebra e invoca il silenzio per gran parte del film… almeno fino al momento in cui Evelyn (Emily Blunt), sola in una casa sperduta nel bosco, si infila con la massima attenzione nella vasca da bagno per dare alla luce il suo terzogenito…
Krasinski dimostra di trovarsi perfettamente a suo agio nelle atmosfere terrorizzanti e isolate dell’horror del terzo millennio, strizzando l’occhio alle serie TV e ai thriller di fantascienza popolati da creature dell’altro mondo. Il contributo attoriale è, in questo caso, notevole. Se Emily Blunt, indimenticabile Emily de “Il diavolo veste Prada” e che vedremo presto di nuovo sullo schermo nei panni di Mary Poppins (LEGGI ANCHE: Il ritorno di Mary Poppins: a Natale il remake con Emily Blunt), è semplicemente una conferma, i membri della sua famiglia (su cui spicca una Millicent Simmonds da brividi, sordomuta anche nella realtà) non sono da meno.
E seppur non privo di incoerenze drammaturgiche al limite del sostenibile, A Quiet Place si dipana per 90 minuti di sequenze al cardiopalma, sovvertendo le regole del gioco e dimostrandoci che sì, a volte, il silenzio può terrorizzare più di un grido a squarciagola.
di Claudio Questa
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