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Bernardo Bertolucci incontra Pierpaolo Pasolini: La commare secca

…e già la Commaraccia secca de strada Giulia arza er rampino

Così Gioacchino Belli definisce la Morte in un suo celebre sonetto. Bernardo Bertolucci, al suo esordio alla regia nel 1962, trae spunto da questo verso per creare un giallo di ambientazione romana tratto da un soggetto di Pier Paolo Pasolini.

E l’impronta pasoliniana, in questa pellicola, è ben marcata. Il ritrovamento del cadavere di una prostituta sul greto del Tevere offre lo spunto al regista per presentare una serie di personaggi visti la sera del delitto nel parco in cui la donna esercitava il mestiere: c’è il “Canticchia”, ragazzino impegnato in piccoli furtarelli insieme ai suoi compagni di ventura, il “Califfo”, mantenuto dalla sua fidanzata, una strozzina che ha accompagnato lungo una giornata di riscossioni, “Teodoro”, giovane soldato meridionale con il pallino per “i fimmine” che ha trascorso il giorno in giro tra le rovine di un’incantevole Roma e si è addormentato su una panchina del parco senza rendersi conto di costa stesse accadendo, “Natalino”, eccentrico friuliano con ai piedi un paio di zoccoli che afferma di essere passato solo furtivamente nei pressi del luogo del delitto. Una serie di personaggi immersi nel pieno Neorealismo di cui il Pasolini fu per l’appunto il principale rappresentante. Ma La commare secca, anche e soprattutto per l’ambientazione arida, rurale e afosa della Roma dei bei tempi andati, richiama alla memoria un altro grande classico della cinematografia di genere, Un maledetto imbroglio, che solo 3 anni prima Pietro Germi aveva realizzato rielaborando il capolavoro letterario di Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana.

Bernardo Bertolucci getta solide fondamenta per la sua cinematografia a venire, dimostrandosi fin dal suo esordio un abile regista in grado di catturare sullo schermo la psicologia e le caratteristiche squisitamente umane dei suoi personaggi. Sapiente l’uso che fa della cinepresa, con inquadrature moderne, funzionali al racconto e capaci di catturare l’essenza della Città eterna e dei protagonisti che ruotano attorno alla vicenda. Nino Baragli, incaricato del montaggio, offre una prova eccellente di maestria tecnica e la fotografia di Gianni Narzisi regala scorci di Roma ormai perduti e, forse anche per questo motivo, meravigliosamente affascinanti. Superbo, infine, il lavoro di restauro a opera di Mediaset Cinema Forever: un’iniziativa che, in memoria di Carlo Bernasconi, manager cinematografico e televisivo artefice dell’operazione di recupero di vecchi film, ha riportato al suo originale splendore capolavori a rischio di estinzione quali Deserto Rosso, Giulietta degli Spiriti e Mamma Roma.

Una curiosità: il film venne distribuito all’estero con il titolo The grim reaper, lo stesso che verrà utilizzato alcuni anni dopo per un’altra pellicola di tutt’altro genere, il capolavoro horror Antropophagus di Joe D’amato/Aristide Massaccesi.

di Claudio Questa (photo credit: http://www.cafepellicola.com)