Oggi affrontiamo un argomento sempre molto dibattuto nelle cause di separazione e divorzio, ossia l’assegnazione della casa coniugale, offrendo risposte alle più comuni domande sul punto.
Ma partiamo dal presupposto più importante: occorre innanzitutto comprendere bene cosa si intende per casa coniugale da un punto di vista giuridico.
Pur mancando una vera e propria definizione legale in tal senso, possiamo senz’altro considerarla come l’abitazione che rappresenta il fulcro degli interessi e di aggregazione familiare, la casa quindi in cui la famiglia ha vissuto durante il matrimonio.
Cosa si intende per assegnazione della casa coniugale?
Qualora manchi l’accordo dei coniugi, sarà il giudice a stabilire a quale coniuge assegnare la casa
tenendo conto dei criteri seguenti:
- in primis, la presenza di eventuali figli poichè in caso di separazione o divorzio, la casa coniugale viene assegnata al coniuge che convive stabilmente con i figli. Ciò al fine di garantire ai figli la possibilità di vivere nello stesso habitat domestico ed evitare loro possibili traumi dovuti ad un repentino cambiamento dell’ambiente familiare;
- in via subordinata, l’appartenenza della casa coniugale ad un coniuge o ad entrambi. Si pensi, ad
esempio, a quando entrambi i coniugi sono proprietari dell’immobile per quote uguali (50 e 50). Di conseguenza fino a quando i figli non acquisiranno autonomia da un punto di vista economico dovranno continuare a vivere dove hanno vissuto prima della separazione, seguendo il presupposto essenziale della collocazione dei figli presso uno dei genitori.
Quali sono i criteri per la collocazione?
Il criterio della priorità e della tutela della prole comporta che la casa possa essere assegnata anche al coniuge che non risulta titolare del diritto di proprietà sull’immobile. Anche se la casa è di proprietà di un solo dei coniugi il giudice potrà riconoscere all’altro il diritto di abitarci.
È raro il caso in cui l’assegnazione della casa, in mancanza di figli, spetti al coniuge non proprietario. Unica eccezione è il caso in cui il soggetto assegnatario non titolare di alcun diritto sull’immobile sia affetto da gravi patologie e/o invalidità.
Per quanto concerne i figli non è necessario che si tratti di figli minori; ciò che conta è che siano figli non autosufficienti economicamente senza colpa e che, quindi, convivano con i genitori.
Cosa succede se i coniugi non hanno figli?
In mancanza di prole il coniuge non proprietario dovrà lasciare la casa e – qualora economicamente più svantaggiato – potrà beneficiare di un assegno di mantenimento. In casi eccezionali però, come accennato in precedenza, il giudice potrebbe anche assegnare la casa al coniuge non proprietario, nonostante non ci siano figli se, ad esempio, sia affetto da patologie gravi per tutelare il suo diritto alla salute.
Se poi entrambi i coniugi sono proprietari della casa (ad esempio, ciascuno al 50%) e non ci sono figli, in assenza di accordo bisognerà chiedere la divisione dell’immobile. Qualora l’immobile non sia divisibile, allora occorrerà venderlo all’asta e ripartire in quote uguali il prezzo pagato per la vendita.
E le spese dell’immobile chi le paga?
Le spese ordinarie (bollette gas e luce, tinteggiatura, manutenzione della scale, ecc.) sono a carico del coniuge assegnatario, mentre quelle straordinarie (rifacimento impianti, ripristino intonaci, ecc.) sono a carico del proprietario dell’immobile.
Il coniuge proprietario può ottenere la revoca dell’assegnazione della casa all’altro coniuge? Si, il coniuge che sia unico proprietario può rientrare nel possesso della casa, obbligando il coniuge assegnatario a rilasciare l’immobile nei seguenti casi: se il coniuge assegnatario cessi di abitare stabilmente nella casa coniugale; oppure quando il coniuge assegnatario abbia intrapreso una convivenza con un’altra persona all’interno della casa coniugale o contragga un nuovo matrimonio; quando i figli raggiungono la maggiore età e l’autosufficienza economica; infine nel caso in cui il coniuge assegnatario muoia.
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