Attrice e cantautrice siciliana, Claudia Rizzo ha uno sguardo profondo, magnetico. Quando racconta del suo progetto, è impossibile non rimanerne affascinati. Una passione per l’espressività corporea, che le scorre nelle vene e che si traduce in gesti, parole, note. La sua missione è permettere alla poeticità racchiusa nella sua meravigliosa isola, di passare lo stretto e dialogare col mondo intero.
Il suo ultimo album, Radici di un mare aperto, ci guida alla scoperta di nuove geografie attraverso luoghi non da attraversare ma che ci attraversano. Senza Sciatu, con il suo bellissimo video, è un’ennesima tappa di questo viaggio, dove Claudia interpreta sé stessa su di un brano che ricorda atmosfere gitane e balcaniche, rappresentando la parte più passionale e atavica delle nostre radici.
Dopo aver studiato e viaggiato, torna in Sicilia, dove nel 2010 fonda, con il contributo artistico del maestro Pippo Flora, l’Accademia di Arte e Spettacolo Le Muse, centro multidisciplinare di arte e spettacolo che attualmente dirige. L’eclettismo e la versatilità la fanno promotrice di eventi e collaborazioni in progetti, spettacoli, laboratori e workshop riguardanti il cinema, il canto, il teatro e la musica coinvolgendo artisti ed Enti nei vari campi artistici e culturali: come le collaborazioni con Farm cultural Park, Fondazione Teatro Pirandello e Parco archeologico Valle dei Templi di Agrigento.
Claudia, raccontaci di te…
La musica e il teatro sono il mio mondo. Ho studiato a Bologna, sono stata a Londra, Milano, ho girato abbastanza. Bologna, soprattutto, ha rappresentato un periodo molto stimolante. Tornare in Sicilia non è stato semplicissimo, ma ho aperto l’Accademia che mi ha permesso di portare il mio “fuori” anche qui.
Come è nata l’idea dell’Accademia?
L’idea era quella di fondere l’espressione corporea, la recitazione e il canto come nel teatro greco. L’Accademia aperta dal 2010, è stata chiamata Le Muse perché legata al mio territorio, La Valle dei Templi, dove il teatro greco è di casa. In Accademia, sono protagoniste la contaminazione e l’interfacciarci delle arti. Ogni giorno passo moltissimo tempo qui dove ho lezioni quotidiane, ma c’è anche lo studio di registrazione dove ho autoprodotto il mio album e i ragazzi che hanno realizzato il video di Senza Sciatu, hanno uno spazio di produzione. Credo molto nel collettivo artistico e nel dare vita a progetti artistici che non abbiano la solo finalità di fare spettacolo, ma anche quella di far fluire l’arte ovunque, affinché possa essere utile alla formazione culturale, arrivando anche nelle scuole.
Hai scelto di tornare in Sicilia, di lavorarci e di cantare non solo in italiano, ma anche in siciliano, seguendo una tua ricerca artistica. Come mai?
La ricerca artistica per me passa proprio dallo scegliere di cantare in siciliano, lasciando libera la mia istintività, senza imbrigliarla cercando di tradurre forzatamente ciò che sento. La sfida è di far arrivare un po’ di questa sicilianità al di fuori dell’isola, perché non è solo folklore, ma molto di più. C’è una poeticità insita nell’idioma siciliano, un aspetto che spesso non viene colto e che invece meriterebbe di “passare lo stretto” verso la terra ferma.
Il video di Senza Sciatu è a metà, tra il teatrale e il filmico. Intenso, molto curato nelle immagini, nei luoghi, nei costumi, con una sceneggiatura importante che non si limita a fare da didascalia al brano. Un bel lavoro di squadra…
Il video un po’ felliniano, si svolge in un ambiente barocco, con personaggi strani che mi indicano dove andare, in una visione quasi pirandelliana, che mi vede vagare combattuta in un bosco sotto la pioggia, che sembra essere incantato, con l’idea forte della madre terra e i gitani che suonano. Tutto mi spinge a ritrovare una dimensione personale, a ritrovar-mi. Questo fa stare bene in qualunque contesto: il lieto fine sarà una danza catarchica, un ritorno alle origini per fare pace con sé stessi. È davvero frutto di un bel lavoro di squadra, un gruppo che ha saputo far fronte agli imprevisti, per esempio la pioggia. Questa non ha cambiato i nostri piani, ma abbiamo girato sotto la pioggia, che è diventata anch’essa, protagonista.
Che ruolo ha la Sicilia?
La Sicilia è una suggestione, è tornare alle radici, all’idioma, che mi scuote nel profondo. In qualche modo porto in scena questo conflitto, nel tentativo e la volontà di esprimermi liberamente: sono radici inconsce che determinano le mie scelte. Rimango senza fiato, Senza Sciatu, ma grazie all’arte, rappresentata nel video dal gruppo di gitani, grazie alla sua autenticità, ballo esprimendomi liberamente e non a caso anch’io, indosso abiti che ricordano la tradizione siciliana.
Senza Sciatu è parte del nuovo album Radici di un mare aperto un progetto musicale, ma ancor prima un viaggio emozionale, col quale ci “inviti” attraverso luoghi non da attraversare ma che attraversano. Questo viaggio diventerà uno spettacolo?
Questo è quello a cui sto lavorando. Vorrei davvero poter portare in scena questo mio mondo, fatto di un caleidoscopio di colori, dove il filo conduttore è certamente l’amore per la mia terra, ma anche dell’arte in tutte le sue forme. Vorrei davvero che la sicilianità potesse essere gustata nella sua poeticità, anche da chi è sulla terra ferma. Per questa ragione, nonostante le titubanze iniziali, ho voluto sottotitolare le parti in siciliano nel video. Mi sono resa conto di come fosse in equilibrio con il testo in italiano, regalando al brano, una forza ed una godibilità più piena.