Dopo il successo de “I ragazzi del Bambino Gesù”, da domenica 28 ottobre in seconda serata su Rai3 torna con una nuova edizione dal titolo “Dottori in corsia – Ospedale Pediatrico Bambino Gesù” la docu-fiction ideata da Simona Ercolani e prodotta da Stand by me in collaborazione con Rai Fiction.
Il luogo è sempre lo stesso – l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il più grande d’Europa – dove le telecamere hanno filmato il commovente viaggio alla ricerca della guarigione da parte di un gruppo di giovani pazienti e di quei dottori e infermieri che grazie alla scienza e alla medicina cercano ogni giorno di realizzare piccoli e grandi miracoli. Nel corso dei 16 mesi di riprese sono stati seguiti 22 casi in 14 reparti e coinvolti ben 30 medici.
Ad aprire la conferenza stampa di presentazione di questa seconda serie, composta da 10 puntate, tenutasi questa mattina a viale Mazzini, Mariella Enoc, Presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: “Abbiamo accettato di essere di nuovo in gioco perché abbiamo visto che la prima serie ha portato tanti messaggi positivi, i genitori ci hanno scritto che era un modello di servizio pubblico. Quando il prduttore esecutivo Simona Ercolani ha raccontato come avrebbe visto questa seconda serie, all’inizio ci ho pensato molto ma alla fine ho accettato. E ho fatto bene. Sul titolo “Dottori in corsia” abbiamo un po’ dibattuto perché c’era il rischio che tutto il resto del personale fosse messo in secondo piano ma alla fine è solo un titolo. Nel documentario si vede come nel nostro ospedale ognuno ha un ruolo importante. Il vero eroe è l’ospedale: la capacità organizzativa, d’innovazione e di continua ricerca scientifica”.
“Questa seconda serie è molto più impattante della prima – continua Enoc – Ringrazio la Rai perché permette di portare nelle case un messaggio di speranza: la malattia capita, ma può essere superata. E’ una grande sfida per l’Ospedale perché nonostante la delicatezza che viene usata le telecamere ci sono”.
“Una serie sulla vita” esordisce così Eleonora Andreatta, Direttore Rai Fiction, e non a caso “Oh, vita” di Jovanotti ne è la sigla. “Il linguaggio della docu-fiction è un linguaggio di testimonianza, permette attraverso il racconto di quello che realmente accade. Questa serie racconta la vita dei pazienti, delle famiglie e dei medici; racconta la battaglia quotidiana per la vita – continua Andreatta – In questa serie non si trascende mai la misura, c’è etica, rigore e responsabilità nei confronti delle storie raccontate“.
Orgoglioso del lavoro fatto è il direttore di Rai3 Stefano Coletta: “Tutti noi che operiamo nel servizio radio-televisivo dobbiamo lavorare per rompere molti tabù. E il tabù della malattia è uno degli obiettivi contro cui deve lavorare il servizio pubblico”. “Da quando sono direttore di Rai3 sto cercando di raccontare anche con spietatezza il reale perché è necessario – continua Coletta – In questa seconda serie si mettono in campo gli sguardi, le emozioni anche degli operatori sanitari“.
Simona Ercolani, Produttore creativo, ha ringraziato la squadra che ha lavorato al programma: “Ci sono programmi che si fanno perché è il tuo lavoro; altri perché sei fortunato. In questo caso siamo fortunati” e ha annunciato che questa seconda stagione è dedicata a Flavio, un ragazzino protagonista della prima stagione: “Ci ha lasciato dopo la messa in onda della prima stagione. Ci manca“. “Nella scorsa stagione abbiamo raccontato il punto di vista dei pazienti per raccontare anche l’adolescenza quando incappa in un incidente di percorso – confida Ercolani – Quest’anno abbiamo cambiato il punto di vista perché l’anno scorso siamo stati invitati dal Papa in visita privata. In quell’occasione il Pontefice ha detto: “Ognuno di voi ha una storia, non solo i pazienti”. Ci abbiamo ragionato e abbiamo deciso di raccontare la medicina, la battaglia quotidiana che fa tutto il personale“.
“Questo programma nasce da un’idea di Papa Francesco, potevo mancare io? – ironizza Geppi Cucciari, la voce narrante della docu-fiction – In questa serie si vedono più sorrisi che lacrime. Questo programma aiuta a relativizzare, a dire qualche grazie in più, a lamentarsi un po’ di meno“.