Scritto da Tom Edge e diretto da Rupert Gold, JUDY (nelle sale dal 30 gennaio) ripercorre gli ultimi anni di carriera della star hollywoodiana Judy Garland, interpretata da Renée Zellweger.
Judy Garland arriva al successo da adolescente interpretando il personaggio di Dorothy ne “Il Mago di Oz”; colleziona poi grandissimi successi, conquistando premi Oscar e Golden Globe. La sua, però, è una vita difficile, fatta di ansia, dipendenze e paure. E’ una donna fragile, cresciuta in fretta, che si ritrova nel mezzo di una carriera in declino, quattro matrimoni falliti e una dura battaglia legale per l’affidamento dei figli.
Judy Garland dovrà trasferirsi a Londra per rimettere in piedi la sua carriera. Questo, però, non farà che complicare le cose.
Il film racconta soprattutto il periodo in cui Judy Garland visse a Londra per portare avanti un lungo tour nei teatri. E’ una stella che ha superato i quarant’anni e che non conosce più la fama di un tempo. Nonostante il mondo sembra amarla e acclamarla come una delle voci più belle mai esistite, quella di Judy è una continua ricerca di attenzioni verso il suo pubblico, con il quale mantiene sempre un rapporto di amore-odio.
JUDY è decisamente un film nudo e crudo. Ci mostra una Garland che probabilmente nessuno di noi avrebbe mai voluto vedere. Ci mostra, soprattutto, quanto sia alto il prezzo del successo.
Hollywood, si sa, è sempre stata una prigione d’oro. Se poi ci si affaccia così presto a questo mondo, il rischio di rimanerne incastrati è ancora più alto. La Judy del film è una donna rimasta bambina, piccola, magra, timorosa. E’ una donna a cui hanno rubato la voglia di godere delle piccole cose, della vita così com’è. E’ la bandiera della solitudine dello star system, emblema di un mondo che un giorno ti ama e l’altra ti dimentica.
JUDY è un film che scava. Lo fa in un modo elegante, ma sicuro. Sembra che gli occhi di Renèe Zellweger, col mascara sempre colato e le ciglia umide, non mollino mai la presa, come se ci chiamassero, se lanciassero un grido d’aiuto.
La sinergia fra la direzione registica e la prova d’attore mostruosa dell’attrice protagonista è essenziale.
E’ tutto un arrancare, una sofferenza in musica, che lascia addosso quel silenzio assordante che c’è dopo lo spettacolo.