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SOON: il 29 marzo esce il nuovo album dei Lags (INTERVISTA)
INTERVISTE MUSICA

SOON: il 29 marzo esce il nuovo album dei Lags (INTERVISTA)

Roma oltre ad essere una grande metropoli, carica di bellezze artistiche, paesaggistiche e culturali, è anche la patria della musica fatta di cuore, più che di testa. In ogni ambito troviamo gruppi che hanno composto e suonato di “pancia”, ottenendo anche un discreto successo: Radici nel Cemento, Colle del Formento, Frankie hi-nrg, Tiromancino e tantissimi altri, noti o underground, ma sempre di un certo spessore artistico. In questo calderone musicale così vario e interessante, nel 2013 si formano i Lags, ovvero Antonio Canestri, Andrew Howe, Daniele De Carli e Gianluca Lateana. Si impongono subito all’attenzione degli amanti dell’hardcore con il loro EP PRELUDIO che ottiene subito un discreto successo; così nel giro di pochi mesi vede la luce PILOT, altro grande album nonché successo.
Adesso, dopo tanti anni di attesa di un ‘full lengh’t, i ragazzi il prossimo 29 marzo pubblicheranno il loro nuovo lavoro, SOON, che li porterà di nuovo nell’Olimpo dei grandi rocker.
Nel frattempo abbiamo scambiato due chiacchere con loro.

Come vi siete conosciuti? E come è nata l’idea di creare un gruppo musicale?
Antonio: Io ed Andrew ci siamo conosciuti nel 2013 grazie ad un amico in comune. Non sapevamo assolutamente cosa aspettarci l’uno dall’altro, abbiamo iniziato a provare insieme ed è nata una sintonia musicale incredibile, di quelle che raramente si riescono ad avere tra persone che non sono cresciute insieme umanamente e musicalmente. Daniele e Gianluca sono stati inseriti nel progetto successivamente in modo sempre naturale: amicizie in comune, qualche birra di troppo e siamo arrivati, così, fino ad oggi.

Parliamo dei vostri lavori. In voi ho sempre riscontrato una forte componente hardcore ma rielaborata in maniera matura ed intelligente. Posso, se vogliamo usare un paragone, associarvi ai Fugazi di cui, se non erro, avete coverizzato un brano, o ai defunti At The Drive in (lo so, hanno fatto un cd due anni fa ma non siamo più all’altezza di un tempo). Concordate con questi paragoni?
Gianluca: Certo che sì, hai fatto centro. Fugazi e At The Drive in sono sicuramente due dei nostri riferimenti principali. Uno di noi ha addirittura la copertina di relationship of command tatuata sul petto…. guess who? (ride ndr).

Ovviamente ognuno di voi ha un background musicale diverso. Quali sono le vostre influenze musicali?
Gianluca: Oltre ai sopracitati Fugazi e ATDI, ognuno di noi ha ascolti e influenze diverse. Daniele (il bassista) adora i Nofx, Bob Dylan, Johnny Cash e ha ascoltato tonnellate di blues. Andrew (il batterista) è il più metallaro del quartetto, Antonio quello più punk e io il più schizofrenico: spazio dal rap all’elettronica passando per i Radiohead, tanto per fare un nome a caso.

E in casa? I vostri genitori che tipo di musica ascoltavano?
Antonio: Personalmente credo che la curiosità musicale sia dovuta più alle frequentazioni nel periodo delle scuole medie piuttosto che agli ascolti in famiglia, anche se devo dire che tra i dischi di mio padre sono riuscito a trovare alcune chicche, comunque molto nazional popolari, come Bob Dylan, Pink Floyd, David Bowie, Supertramp, Lucio Dalla e i Beatles. In casa mia abbiamo sempre ascoltato molta musica, ma sui gusti non credo ci sia molta attinenza.
Gianluca: Mio padre ascolta moltissima musica, da piccolo ascoltavo i suoi dischi (prevalentemente cantautorato italiano anni Settanta). Poi ho uno zio collezionista e grandissimo appassionato a cui chiedevo continuamente cd da ascoltare in prestito (alcuni non credo di averglieli mai ridati): insomma avevo pochissime possibilità di sfuggire alla schiavitù della musica.

E qualcuno dei vostri suonava qualche strumento così da instillarvi la passione per la musica?
Gianluca: Mia sorella studiava pianoforte e ha un diploma di solfeggio al conservatorio. Da piccolissimo uno dei mie passatempi preferiti era addormentarmi mentre l’ascoltavo studiare e suonare. Tutto ciò deve avere influito sulla mia passione tant’è che per creare continuità in famiglia io ho iniziato a suonare quando ha smesso lei!

lags soonAscoltando i vostri lavori si nota una gran bella evoluzione musicale: da un suono un po’ grezzo degli inizi, fino ad arrivare a questo SOON in cui i suoni sono precisi, ricercati, puliti. E’ stata una scelta voluta o vi è venuto in modo naturale?
Gianluca: Ogni disco ha il suo suono. PILOT doveva suonare così, monolitico. Da disco di genere quale è aveva bisogno di un sound semplice, immediato, senza fronzoli e che evidenziasse la natura essenziale e di impatto di tutti i pezzi che lo compongono. SOON ci è uscito diversamente: i pezzi sono più complessi, c’è più attenzione al suono, alle armonie, Antonio ha anche delle parti dove canta senza urlare. Inoltre alcune scelte tecniche hanno portato il suono da un’altra parte. E’ stato registrato e mixato interamente in analogico, abbiamo utilizzato strumenti diversi per registrare le varie parti di chitarre e basso e giocato a creare nuove combinazioni di effetti. Anche il fatto di cambiare due studi diversi e di lavorare con due sound engineer giovani ma di grande esperienza (Daniele Gennaretti e Jesse Germano) ha portato il suono ad essere più sfaccettato e definito. In fase di master abbiamo cercato di dare un taglio più personale e meno freddo al tutto, puntando sul lavoro di Filippo Strang al vdss studio di Morolo. Insomma, PILOT è nato in poco più di un mese in uno studio, SOON ha avuto una gestazione di circa tre mesi in tre studi diversi: va da sé che il risultato vada in una direzione un po’ diversa.

Ultimamente molti musicisti si dedicano esclusivamente al digitale, tralasciando le copie fisiche. Voi come la pensate? Il digitale a breve si imporrà di forza sul mercato?
Antonio: Il supporto fisico è bello perché oltre a permetterti un ascolto più accurato è anche un modo per supportare direttamente una band, soprattutto se piccola come la nostra. Il digitale ormai si è imposto con forza sul mercato, è un dato di fatto, e non biasimo chi oggi si lascia guidare dagli ascolti soltanto sulle piattaforme di streaming. È anche vero però che la nostra realtà è fatta di moltissimi show ad ingresso gratuito e di cachet neanche lontanamente paragonabili a molti degli artisti di media fascia, per cui acquistare un disco stampato da una realtà DIY è un gesto che rende vive le etichette indipendenti e le band fuori dal mercato.

Ora vi faccio la “domanda del Diavolo”. Avere nel gruppo Andrew Howe, detentore del record italiano di salto in lungo sia Outdoor che Indoor, ha giovato al vostro successo e visibilità?
Antonio: Sicuramente ha aiutato la band ad avere spazio e visibilità in contesti tendenzialmente anni luce dal nostro panorama musicale ma ha creato anche qualche problema in fase di live. Spesso alcuni locali o spettatori lamentano dell’assenza di Andrew durante i periodi di allenamento o gare (ed è difficile far capire alle persone che la band è fatta di quattro elementi che suonano quelle canzoni e portano avanti uno show più strutturato) ma, soprattutto, la sua assenza si fa sempre sentire perché per il nostro genere è un musicista davvero in gamba. Alla fine c’è pero da dire una cosa: il pubblico medio di Andrew tendenzialmente non ascolta il nostro genere di musica e quindi andare alla spasmodica ricerca dei suoi “fan” non è un’assoluta priorità.

Come vedete la scena musicale italiana? I talent non stanno creando troppi “Aidoru” che scompaiono senza lasciare traccia?
Gianluca: Siamo in un momento in cui c’è molta attenzione alla musica italiana (mi riferisco alla musica cantata in italiano), il che penso abbia soltanto connotazioni positive. C’è tutta una scena abbastanza trasversale che sta diventando una fetta di mercato importante (complici anche le operazioni di pompaggio ad opera di promoter e management). I talent (salvo rarissime eccezioni) sono da intendersi come intrattenimento o gare più che come programmi musicali. Penso che oramai il mercato discografico si stia assestando e che non dipenda esclusivamente da quello che succede nei talent: certo è che questi non rappresentano nessuna scorciatoia per il successo. In definitiva non ci definiamo fondamentalisti e, pur non immaginandoci come futuri concorrenti di uno show del genere, non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti di artisti che scelgono questa via.

E la scena musicale di Roma, inerente al rock di un certo tipo, come è messa secondo voi?
Gianluca: La scena di Roma è uno specchio della scena italiana, non è un buon momento per le chitarre neanche qui. Ci piacerebbe che ci fossero più occasioni di confronto, più fermento e che ci siano più live, ma non siamo né apocalittici e né lamentoni. Se è un brutto momento per le chitarre evidentemente ce lo meritiamo!
Ad ogni modo non è un momento particolarmente prolifico per la musica di qualità romana ma qualcosa esiste e resiste. Ci sono i Mon che sono una delle cose più belle uscite ultimamente nella capitale, i Mary in June che stanno per uscire con un nuovo disco di cui si parla un gran bene per cui non ci resta che essere fiduciosi.

Parliamo adesso dei testi: da cosa traete ispirazione?
Antonio: Nel disco precedente raccontavamo e prendevamo spunto dalla cronaca e da tematiche sociali molto vicine al nostro pensiero politico. Con SOON abbiamo invece dato spazio alle nostre vite personali, che in questi ultimi 3 anni hanno subito scossoni di ogni genere, sia in positivo che in negativo. Parliamo di noi, delle nostre aspettative e le nostre paure; è un disco che tocca tematiche più “universali” se così si può dire.

Come avviene la composizione di ogni singolo brano dei vostri dischi? Si inizia dai testi e si passa alla musica o accade il contrario?
Gianluca: Musica e testi viaggiano quasi sempre su due binari paralleli. Di solito componiamo prima la musica: Antonio (il cantante) a volte utilizza qualche suggestione legata al suono della parola che più sta bene con la linea melodica del momento e a furia di ripeterla in sala qualche volta poi finisce davvero nei testi definitivi. Tutto molto semplice e naturale anche in questo caso.

lags soonScelta della lingua. Voi per lo più cantate in Inglese. Però, se penso ad un certo tipo di rock, tipo Zen Circus e Afterhours, Ritmo Tribale o Folkstone, per citarne alcuni, la lingua Italiana ha avuto un suo notevole peso. Che ne pensate voi?
Antonio: Usare la lingua inglese è una scelta artistica, non un’imposizione. Vorremmo arrivare a più persone possibili cercando di non snaturare il nostro modo di scrivere e di cantare. Forse un giorno ci butteremo sull’italiano: nel nuovo album un brano nella lingua madre lo abbiamo scritto, ma per adesso ci sembrava giusto mantenere questa tipologia di scrittura.

I vostri come hanno preso il fatto che siete dei musicisti? VI hanno spronato o sono stati contrari al fatto che i loro pargoli finissero in un mondo di sesso, droga e rock and roll?
Antonio: I nostri genitori ci supportano costantemente e sono felicissimi di vederci esprimere attraverso la musica. Ogni tanto si preoccupano chiaramente per noi, lavoriamo 5 giorni alla settimana e maciniamo chilometri nel weekend, quindi la frase “ora riposati” è scontata.

Sempre a questo riguardo, voi riuscite a sopravvivere con la musica o fate anche qualche altro lavoro vostro?
Antonio: Chiaramente ognuno di noi fa un lavoro ben diverso da quello del musicista, nessuno di noi può permettersi di vivere solo di musica. Io sono un montatore per Pubblicità, Cinema e Tv, Daniele è copywriter per un’importante agenzia pubblicitaria, Gianluca lavora come delegato di produzione su set televisivi e live show. Cosa fa Andrew già lo sapete.

Domanda tecnica, che piace molto a certe persone, me per primo: la vostra strumentazione!
Gianluca: Andrew attualmente usa una batteria artigianale prodotta da FPD drums e decine di piatti diversi, ne è completamente ossessionato e non c’è una prova in cui non si presenta in sala con piatti diversi o un viaggio in furgone (anche l’ultimo la settimana scorsa) dove non passa ore a sentire demo di piatti sul cellulare in cuffia.
Daniele utilizza una classica ampeg 6×10, una testata peavey anni ‘80 a transistor (rara e molto particolare) e pochi effetti tra cui spicca un distorsore mxr distortion + per chitarra.
Antonio utilizza un fender deville, una telecaster e distorsori a cannone.
Anche io ho una telecaster e un fender (twin reverb). Tra gli effetti che utilizzo di più ci sono sicuramente il big muff, un overdrive boss, un paio di delay analogici e il reverbero dell’amplificatore.

Il vostro disco del 2018 e i tre dischi che sono stati fondamentali per voi, come uomini e come musicisti.
Gianluca: Domanda scomoda, non riesco a sintetizzare il mio disco del 2018. Direi che uno dei primi che mi viene in mente è NUOVA NAPOLI dei Nu Guinea: l’ho ascoltato tantissimo, un gioiellino cascato come un fulmine al ciel sereno nella galassia musicale italiana. Sicuramente il più internazionale dei dischi italiani del 2018 (ed è cantato in napoletano).­
Per quanto riguarda i dischi fondamentali per i Lags direi At the Drive In (RELATIONSHIP OF COMMAND), un disco a caso dei Fugazi (per me THE ARGUMENT) e il primo disco dei Metz.

Che consigli dareste a chi ha il sogno di diventare musicista?
Antonio: Direi soltanto di non iniziare con l’obiettivo di “svoltare” ma di farlo in modo sincero ed onesto con sé stessi; di non scrivere e produrre musica per essere o diventare qualcuno, ma di farlo per una necessità espressiva. Vediamo troppi progetti nati a tavolino ormai, che spesso sono di una vuotezza devastante, che saturano il mercato con il solo fine di diventare ricchi e famosi. Per quanto mi riguarda è una mossa spesso fallimentare, che non porta a niente.

Chi di voi rimorchia di più? Si dice che in genere il frontman e il chitarrista siano quelli più gettonati mentre la povera sezione ritmica viene sempre relegata all’oblio femmineo. Diteci diteci!
Antonio: Siamo l’unica band che durante il live è obbligata a spostarsi per lasciare ammirare a tutti gli addominali scolpiti del batterista (che comunque è fidanzatissimo, quindi non si tocca). Basta come risposta?

Impossibile non parlare dei live. Come vivete questa esperienza? E, soprattutto, preferite lo studio o l’atmosfera del palco?  E, visto che ci siamo, dateci un po’ di date.
Gianluca: Penso che la dimensione del live sia quella che di più ci appartiene e che renda giustizia alla nostra musica che è diretta ed è fatta per sfogarsi e per far muovere culi e sudare. Durante i live ci divertiamo molto tuttavia anche lo studio rappresenta un momento importante. E’ una domanda difficilissima a cui rispondere. Quando siamo in studio non vorremmo mai che finissero i giorni che abbiamo a disposizione, e quando siamo in tour non vorremmo mai che finisse. Chiaro?
Abbiamo già fatto due date ai primi di marzo: il 30 marzo cominceremo il vero e proprio tour dal Wishlist di Roma dove festeggeremo con amici della nostra etichetta l’uscita di SOON. Toccheremo in questa prima parte prevalentemente il centro nord: il 19 aprile a Bologna, il 20 a Vercelli, il 21 in Toscana, il 3 maggio a Milano, il 10 maggio parteciperemo all’importante festival Venezia Hardcore. Per tutte le altre date consultate i nostri social, sempre molto attivi e succosi.

Sempre riguardo al live: con chi vi piacerebbe fare un tour, anche mondiale?
Gianluca: Domandone esagerato. Do una risposta da paraculo: mi piacerebbe moltissimo andare in tour con i Foo Fighters o con i Queens of the Stone Age. Due band che stimiamo molto: pur non annoverandole tra le nostre preferite crediamo che siano attualmente le due band più grosse e rappresentative del panorama rock mondiale. Ovviamente anche Fugazi e ATDI.
Antonio: Parlando di tour all’estero ci proviamo sempre, compatibilmente con le risorse che abbiamo e con gli impegni che la vita quotidiana ci mette di fronte. Personalmente vorrei sempre andare in tour con Girless (altro artista di To Lose la Track), che ormai considero un fratello.

Un’ultima domanda: diteci quello che volete!
Ascoltate i Lags, ascoltate la buona musica, supportate i musicisti, andate ai concerti, fate l’amore e onorate e rispettate le persone che fanno qualcosa per voi.

(photo credit Lucia Iuorio)