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Lorenzo Salvador Oliveti: “Le Capitali del calcio: un viaggio tra storia e passione”

Autore della docuserie “Le Capitali del calcio” – il primo episodio dedicato a Londra è già disponibile su Cusano Media PlayLorenzo Salvador Oliveti racconta a Zoom Magazine l’ispirazione e le sfide dietro a questo progetto ambizioso: un viaggio che esplora le città più iconiche attraverso la lente del calcio, svelando il profondo legame tra cultura, storia e passione sportiva.

Tra aneddoti e incontri con personalità come Fabio Capello e Carolina Morace, Oliveri ci accompagna nel cuore pulsante di un mondo dove il calcio diventa un riflesso dell’anima di ogni capitale.

Lorenzo, da dove è nata l’idea di creare una docuserie come “Le Capitali del calcio”? Cosa hai voluto trasmettere al pubblico?

“Le Capitali del calcio” nasce da un desiderio del co-conduttore Francesco Acchiardi, ovvero raccontare uno spicchio di calcio londinese, una piccola parte di un mondo immenso. Quindi attraverso il particolare raccontare l’universale… da qui ha inizio il tutto. Mi ci è voluto un po’ per assestare l’idea di un vero e proprio format ma alla fine eccoci qui. Un programma che, in un’oretta circa, vuole raccontare il calcio attraverso l’uomo e l’uomo attraverso il calcio. Ogni città è un nuovo universo da scoprire e proprio questa tema dell’esplorazione è stato importante dal giorno 1. Il telespettatore, concettualmente l’Italia, in ogni puntata, parte con Francesco e Lorenzo e, insieme a loro, esplora ed impara. Nessuno insegna, nemmeno i tantissimi e importantissimi intervistati che abbiamo. È la città che si lascia scoprire e, quindi, insegna.

Quali sfide hai affrontato nella realizzazione di un format che unisce il calcio alla cultura e alla storia delle città protagoniste?

È un format molto scriptato, questo significa tanto studio, tanta curiosità e provare a sentirsi, ogni volta, parte di quel qualcosa che stai raccontando. Se riesci a calarti in quel mondo, poi il mondo asseconda il tuo racconto… e se farlo con i paesi latini (e/o europei) è sicuramente più semplice, farlo con culture molto diverse dalla nostra è sicuramente più difficile. Direi che questa è stata la sfida più grande, fare un programma calcistico dai risvolti storici, culturali, tradizionali senza banalizzare i popoli, senza cadere in stereotipi e facili cliché.

La serie esplora città come Londra, Berlino, Madrid, Istanbul e Buenos Aires. C’è una capitale calcistica che ti ha colpito particolarmente?

Scrivere questo programma mi ha sicuramente arricchitocome uomo. Il calcio, il fenomeno calcio, è una fantastica proiezione collettiva della mente umana. Come pensa, ciò in cui crede, cosa la turba e cosa la rende felice… perciò, rispondendo alla domanda, Buenos Aires è la città che ero sicuro che mi avrebbe colpito e così è stato. Una sorpresa è stata Berlino, la Berlino del calcio è una realtà molto interessante e, approfondendola, si è rivelata essere una piacevole, frammentata, scoperta.

Come si è sviluppato il lavoro con Lorenzo Petrucci e Francesco Acchiardi come conduttori? In che modo hanno contribuito alla narrazione del programma?

Lorenzo e Francesco sono giovani e bravi…e quando si è giovani e bravi si ha una voglia ardente di fare, di esagerare, esagerare in senso buono. È grazie al loro esagerare che è stato possibile girare in qualsiasi situazione, trasformando le difficoltà in occasioni. È grazie al loro esagerare che è stato possibile entrare negli stadi più belli del mondo nonché intervistare personaggi di livello mondiale. Quindi direi che hanno contribuito in modo “esagerato”…

In ogni puntata ci sono ospiti importanti, come Fabio Capello e Carolina Morace. Come è stato lavorare con figure così rilevanti nel mondo del calcio?

Avere dei nomi, dei volti, nel racconto, oltre che per logiche di mercato televisivo, permette di sviluppare la storia su piani differenti. Sguardi, riflessioni e analisi autorevoli di chi vive il calcio, e per il calcio, offre degli spunti interessantissimi. Ed è sempre molto divertente, a livello di scrittura, venire, a volte, smentiti. I punti di vista non sono mai sbagliati, sono l’essenza umana e avere punti di vista di questo calibro non è per niente male… 

Secondo te, cosa rende queste città delle vere “Capitali del calcio”? È solo la passione per il calcio o c’è qualcosa di più profondo?

L’uomo. L’uomo in tutte le sue sfaccettature. Nel calcio di un paese, di una città, troviamo il riflesso dei linguaggi, delle tradizioni, delle credenze, delle religioni, troviamo la politica, troviamo gioie e dolori dei popoli… ovunque, il calcio si intreccia con la storia degli ultimi cento anni ed è frutto dei secoli precedenti… Se c’è uomo c’è calcio e a Londra, Berlino, Madrid, Istanbul, Buenos Aires c’è tanto calcio.

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