Aldo Losito è “il cantautore” per antonomasia: un vero spirito libero, un Don Chisciotte che sfida impavido le leggi di mercato, lavorando come un vero artigiano di note e parole, per dieci anni alla sua “creatura”: L’Urlo. Il disco composto da venti brani è un capolavoro, di parole e suoni, curato nei minimi dettagli a partire dalla copertina che introduce in quello che è il mondo artistico di Aldo Losito. L’artista con i suoi brani scandaglia l’animo umano con riflessioni che appartengono a tutti noi.
Contemporaneo e allo stesso tempo legato alla tradizione, con le sue musiche raffinate, ricorda i grandi cantautori italiani, dove la musica è suonata e “sognata”. Losito ha all’attivo una lunga carriera costellata di collaborazioni importanti ma anche di una indipendenza voluta, scelta, per non rinunciare ad una libertà di espressione che, per lui, è irrinunciabile. Il disco contiene venti canzoni dove ci sono collaborazioni importanti: in Foresta di piume Gary Wallis batterista Pink Floyd, L’ultimo respiro cantato con Durga McBroom (cantante attuale dei Pink Floyd), Massimo Tagliata fisarmonicista non vedente che ha suonato con Biagio Antonacci, o ancora Cesko Arcuti degli Après La Classe per Niend e Nisciun.
Partiamo dal CD fisico che contiene tutti i testi, con una copertina bellissima e didascalica. Cosa ci racconti?
La copertina illustrata da Silvia Pastano è un vortice d’acqua che inghiotte e cancella, in cui ci sono occhi spaventati e braccia tese, per non dimenticare i tanti dispersi ed i morti nei nostri mari. A fare da guardiano, ricordandoci di non smettere di sperare, c’è un maestoso albero di Eucalipto Arcobaleno che, ogni anno dopo aver completato la muta, si tinge di arcobaleno e con i suoi molteplici colori celebra la meravigliosa unicità dell’essere umano. Ho lavorato tantissimo perché potesse anche nella cover e nei particolari, essere espressione di un lavoro importante denso di contenuti, di riflessioni. Sono convinto che ogni canzone abbia il suo profumo e il disco deve poterlo conservare e soprattutto, farlo arrivare a chi lo avrà tra le mani.
Hai esordito giovanissimo in gruppi rock. Come sei diventato l’artista che sei?
Ad un certo punto, da rockettaro convinto, ho scoperto il cantautorato italiano e la sua poetica. Le cose più belle le ho sentite, proprio, dai rocchettari, quando abbassano la guardia, addolcendosi. Ho cominciato a guardarmi dentro, a scavare per capire quale fosse la mia identità, che sapevo essere unica: dovevo solo trovarla. A vent’anni fondai un’ennesima band che questa volta suonava la mia musica. Poi il solito giro di “giostra”: tante promesse, un’etichetta e il primo contratto. Tanto lavoro, pochissimi soldi e parole alle quali non seguirono mai fatti. Fu la fine del gruppo ed io, andai per la mia strada. Da lì una carriera da cantautore solista e Sanremo, cinque finali e Se potessi, del 2010, incluso nella compilation di Sanremo.
L’Urlo è il singolo che titola il disco e ci introduce a questo ambizioso progetto…
Un progetto dove si scandagliano sentimenti ma dove a vincere è la speranza, che cancella tutto il brutto del mondo. È la mia reazione, è L’Urlo delle nostre coscienze alle ingiustizie clamorose del mondo, che dovrebbe fermarsi per invertire le cose. Se non si riesce a smuovere le coscienze, avremmo fallito tutti. Abbiamo diviso l’atomo, ma non sappiamo dividere il pane. …questo è l’urlo dei dispersi, contro il grasso delle panze, che ha coperto le coscienze
Oggi la musica, come tutti noi, va veloce, ma per il tuo progetto hai impegnato davvero tanto tempo, dedicandogli cura e attenzione. Come si è sviluppato?
È stato un lavoro lungo che si è sviluppato nell’arco di dieci anni, con prima uno studio di sonorità e poi, a mano a mano, nella scrittura dei venti brani che lo compongono. Per capire da dove parte è importante spiegare da dove vengo… Un incontro casuale e una proposta per firmare un contratto a Milano sembravano spalancarmi porte che invano fino a quel momento, avevo cercato di aprire. In molti sono interessati alla mia musica, ma purtroppo da quel momento, sono seguiti tre anni, forse i più difficili della mia carriera. Non mi facevano pubblicare nulla e la mia carriera, sembrava essere bloccata in un fermo immagine, con una firma, ancora una volta, su un contratto inutile. Per un anno ho resistito, facendo cose commerciali che mi davano da vivere, ma non potevo sacrificare la mia musica in cose che non mi rendevano felice. Sono scappato dai copia incolla, da chi cercava giri armonici o rime che funzionassero. Tornai in Puglia e la prima cosa che scrissi, fu un brano in dialetto mescolato con il francese, per celebrare il ritorno a casa, Niend e Nisciun. Ho aperto il mio studio di registrazione dedicandomi totalmente al mio progetto, mettendo insieme tutte le mie esperienze, ritrovandomi, finalmente.
Il tuo sorriso guarisce è il singolo che ha il compito di accompagnare con il suo video la pubblicazione de L’Urlo. È dedicata a tua figlia, una canzone speciale per le donne della tua vita: è così?
Ho scritto questo brano con una culla accanto, in quello che, finalmente, era il mio studio e il nido della mia musica e della mia famiglia. L’ultima in ordine di tempo che ho volutamente messo al primo posto nell’album. Questo brano dedicato alla mia bambina, che è nel video, cancella in parte il dolore de L’Urlo, rimettendo al centro la speranza che è la vera protagonista. Il mio grazie va ad Irene, mia figlia e Monica mia moglie, a tutti gli amici, la mia famiglia, ma non posso non ringraziare Angelo Guagnano, chitarrista e produttore di suoni, che ha creduto in me e nel mio progetto.