Doverosa premessa: in genere non mi interessano i cosiddetti “tour di addio” delle band che ho amato e seguito quando ero ragazzo. Per un semplice motivo: l’anno dopo organizzano il tour del ritorno dall’addio e dopo due anni quello dell’addio definitivo per poi tornare di nuovo.
Si sa, le rockstar sono così. Figuriamoci, poi, quelle in campo netal.
Per gli Slayer, però, ho dovuto fare una doverosa eccezione. Alla fine con loro, gli Iron Maiden, Anthrax e via discorrendo ci sono cresciuto, ho spaccato mobili, muri, sedie pogando da solo in camera, sotto gli sguardi allibiti dei miei poveri genitori. Non potevo mancare!
E così, senza colpo ferire, catturo il milanese amico Gabriele e si parte alla volta del Forum di Assago. Non sapendo nulla di questo concerto, sono rimasto di sasso quando ho scoperto che c’erano dei gruppi spalla.
Sono le 18.20 e dal nulla arrivano gli Obituary! Inizio fragoroso, pogo violento, canzoni storiche che scaldano per bene il pubblico che inizia già a volteggiare come se non ci fosse un domani. Sempre bravi, precisi e veloci, brutali quanto basta, anche sorpresi di vedere tanto “calore” per loro, che altro non sono che gli apripista. Però ci danno dentro per 40 minuti creando un grandioso show. Salutano, vanno via. Nemmeno 10 minuti per riposare le orecchie che escono, sulle note di Cowboys from Hell dei Pantera, gli Anthrax. Come sempre ci fanno fare un degnissimo ‘headbanger’. Sudore, risate, coinvolgenti, veloci. Il pubblico, a Milano come a Roma anni fa, li applaude, incita, si sbraccia, tutto nella norma di un siffatto concerto. Anche per loro il tempo è tiranno, giusto il tempo di una Antisocial seguita da Indians e arrivederci.
Dopo tutta questa catarsi metal, come primo e secondo, aspettiamo il dolce prima della portata principale.
Poco prima delle 20, ecco salire, potentissimi e arrabbiatissimi, i Lamb of God. Gruppo che ha iniziato come clone-group dei già citati Pantera ma che da un po’ di anni hanno trovato una loro dimensioni in un metal bello carico di riff spezzagambe e testi pseudo ironici; giusto il tempo di un “Hey Milano!” e si va ad infiammare il pubblico per una cinquantina di minuti. Il batterista ci dà dentro, il cantante salta ovunque come un grillo impazzito, il pubblico apprezza alla grande, così tanto che vedo gente volare fuori dal ‘mosh pit’ – non tanta quanta ne ho osservata durante lo show degli Slayer, sia chiaro! – ed essere recuperato dalla security che ha fatto un gran bel lavoro.
Nemmeno il tempo di riprendere fiato, bersi la sesta o settima birra, mangiare qualcosa, che cala il buio, il silenzio, e partono le note di Delusions of Saviour / Repentless. Ed eccoli sul palco, loro, gli Slayer, orfani di Dave Lombardo, ahinoi, e del compianto Jeff Hanneman, sono qui per ringraziare il pubblico degli anni di devozione e di cervicali abusate a causa del violento head banger… Senza fermarsi, ci scaricano addosso, in sequenza e tutto d’un fiato, Blood Red, Disciple, Mandatory Suicide, Hate Worldwide… e scusate se è poco. Poi Tom Araya si ferma a parlare con noi, a ringraziare, a scherzare, per poi ripartire con War Ensemble. Da lì fino alla fine sarà un susseguirsi di pezzi nuovi, vecchi e, ovviamente, grandi classici come Balck Magik, Seasons in the Abyss, Raining Blood, Dead Skin Mask, Hell Awaits, South of Heaven, Dittohead, Chemical Warfare, Payback, per chiudere con, ovviamente, Angel of Death. Saluta, Araya, dicendo in Italiano “Mi mancherete tantissimo, arrivederci”. Ho visto metallari con piercing e tatuaggi piangere a questa frase, e non di 19 anni, molto più anziani. Anche io sono commosso, ma più scosso da questo muro di metallo che mi è arrivato addosso per più di sei ore. Ovviamente non sento quasi più niente, sono zuppo di birra e già so che domani la cervicale e la schiena chiederanno il loro prezzo. Quello che mi rimane in testa, mentre torno a casa, nella folla che porta alla Metro del Forum, è la bellezza della fratellanza del metallo, la totale mancanza di incidenti, la bravura e professionalità della security, e, soprattutto, quei signori di 50 anni se non qualcosa di più, che pogavano e si facevano selfie mentre suonavano gli Slayer.
Concludendo, un concerto epocale, per esecuzione, ospiti, partecipazione del pubblico e interazione tra band e il pubblico. Acustica non male ma, secondo me, all’aperto sarebbe stato meglio, anche se a Milano a novembre o ti danno la grappa assieme al biglietto o si muore ibernati.
Araya, King, Holt e Bostaph ci hanno detto “addio” in un modo apocalittico. E va bene così.
Lo porterò nel cuore e nelle orecchie, per moltissimo tempo. Fino al prossimo tour di reunion.
Un concerto da 5 su 5, of course.
Scaletta Slayer:
Delusions of Saviour / Repentless
Blood Red
Disciple
Mandatory Suicide
Hate Worldwide
War Ensemble
Jihad
When the Stillness Comes
Postmortem
Black Magic
Payback
Seasons in the Abyss
Dittohead
Dead Skin Mask
Hell Awaits
South of Heaven
Raining Blood
Chemical Warfare
Angel of Death
Scaletta Obituary:
Find The Arise
On The Floor
Chopped In Half
Turned Inside Out
Threatening Skies
By The Light
Face Your God
Lasting Presence
Insane
Black Inside
Evil Ways
Drop Dead
Contrast The Dead
Stand Alone
Slow Death
Second Chance
Slowly We Rot
Scaletta Anthrax:
Caught in a Mosh
Got the Time
Efilnikufesin (N.F.L.)
Be All, End All
Fight ‘Em ‘Til You Can’t
Antisocial
Indians
Scaletta Lamb of God:
Omerta
Ruin
Walk With Me in Hell
Now You’ve Got Something to Die For
512
Engage the Fear Machine
Blacken the Cursed Sun
Laid to Rest
Redneck
Guarda “The End is Near… Slayer to make its exit with one, final world tour”