Oggi parliamo di una forma particolare di violenza domestica, ovvero della violenza assistita che si manifesta a danno dei figli minori ogni qualvolta essi siano costretti ad assistere a comportamenti ed atti violenti di un genitore nei confronti dell’altro o anche di ulteriori soggetti facenti parte del nucleo familiare (come ad esempio una sorella o un fratello).
Per violenza assistita dunque, si intende l’esperienza del bambino: qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale e psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure significative per il bambino.
In poche parole il minore, assistendo ad esempio alle liti tra i genitori in cui il padre pone in essere violenze verbali, psicologiche e/o fisiche nei confronti della madre, prende consapevolezza di ciò che sta accadendo e diventa un vero e proprio testimone, silenzioso ed inerme, di dette violenze che, di conseguenza, non nuoceranno soltanto la diretta vittima interessata, ma anche la quotidianità e serenità del minore che si troverà ad assistere a questi episodi.
L’aspetto più critico e preoccupante degli abusi perpetrati tra le mura domestiche deriva dal fatto che sono proprio i congiunti, coloro dai quali normalmente ci si aspetta affetto, comprensione e protezione, a divenire i soggetti da cui difendersi maggiormente, in questi casi.
Quali sono le conseguenze che si ripercuotono sul minore vittima di violenza assistita? Trattandosi di una vera e propria forma di maltrattamento psicologico che si riversa sul minore, questa subdola forma di violenza ha comprovati effetti negativi sul bambino, sia con riguardo alle sue relazioni sociali che da un punto di vista fisico e cognitivo.
In particolare si distinguono tre diverse tipologie di impatto sul minore:
- fisico: in questo caso il bambino può riportare un deficit nella crescita e/o un possibile ritardo motorio;
- cognitivo: il bambino potrà avere ripercussioni sulla propria autostima e sulla capacità di
empatia verso gli altri;
- relazionale: a causa della violenza subita il minore sarà condizionato nella propria capacità di sviluppare relazioni sociali.
Esistono, inoltre due tipologie di violenza assistita: ossia diretta e indiretta.
La violenza assistita diretta si manifesta quando il bambino è costretto a convivere con i soprusi e non viene tutelato in modo adeguato, divenendo uno spettatore obbligato delle violenze; quella invece indiretta si ha nel caso in cui il minore viene inconsciamente messo al corrente subendo gli effetti negativi e nefasti delle violenze frequenti che accadono nella sua famiglia.
I minori lesi da questa forma di violenza presentano, anche a lungo termine, segni indicativi di un forte disagio psichico. Una caratteristica che il bambino tende a sviluppare è un “intorpidimento emotivo”, difficoltà nel relazionarsi e nel costruire rapporti sociali stabili, problemi di concentrazione, ansia. Purtroppo è soltanto da pochi anni che, sia sul piano strettamente giuridico che psicoterapeutico, è stata realmente considerata questa forma di abuso. In passato, in casi di situazioni violente, il minore veniva quasi “accantonato” se non era la vittima diretta degli abusi, mancando di considerare che la psiche di un bambino fosse estremamente fragile e soprattutto quanto fosse in grado di assorbire le conseguenze negative di simili contesti violenti.
Non di rado infatti, la casistica testimonia che per chi cresce in un ambiente in cui si consumano frequentemente abusi di vario genere, c’è una maggiore tendenza a sviluppare gli stessi atteggiamenti o a subirli senza opporsi. Volendo escludere ovviamente ogni automatismo in tal senso, capita, molto più spesso di quanto si pensi, che un soggetto abusante sia stato a sua volta vittima di abusi durante la sua infanzia.
Quali sono le tutele legali odierne per questo tipo di violenza?
Sicuramente un maggior impatto da questo punto di vista si è avuto grazie alla recentissima legge sul Codice Rosso, la n. 69/2019, che, tra le svariate altre novità di cui parleremo in modo approfondito nei successivi appuntamenti, ha introdotto un’importante modifica al reato di maltrattamenti in famiglia (ex art. 572 c.p.) grazie alla previsione di aggravamenti di pena qualora la violenza assistita si collochi nell’ambito dei maltrattamenti in famiglia.
Prima del Codice rosso la giurisprudenza distingueva tra: le condotte vessatorie dapprima commesse nei confronti dell’altro genitore, poi configurabili in veri maltrattamenti del minore, e in questo caso la Corte considerava il bambino una persona offesa; oppure tra vessazioni agite da un genitore nei confronti dell’altro a cui il minore assisteva ma, non subendole direttamente, non veniva considerato soggetto passivo del reato.
Grazie alle ultime modifiche legislative oggi l’art. 572 c.p. al comma 2 prevede che : « la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità … ». Mentre il comma 5 dello stesso articolo definisce la posizione del minore in quanto: « Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato », con lo scopo di rafforzare la tutela del minore inteso come persona titolare di un vero e proprio interesse giuridico leso.
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