Dalle strade – apparentemente tranquille – di Atlanta, location della serie tv di successo “The Walking Dead”, ai centri d’accoglienza della periferia romana in “Go Home – A casa loro”, originale ‘zombie movie’ che questa mattina è stato presentato in conferenza stampa ad Alice nella Città, sezione autonoma e parallela per i giovani della 13° Festa del Cinema di Roma.
Diretto da Luna Gualano e scritto da Emiliano Rubbi, “Go Home – A casa loro” è un horror allegorico che utilizza i morti viventi come metafora di una società sempre più spaventata e aggressiva nei confronti del “diverso da sé” in generale, e dei migranti e dei profughi in particolare. Un mito, quello degli zombie, da sempre utilizzato come proiezione delle ansie che attraversano la società e la politica: primo su tutti dal “papà” dei ‘walkers’, il regista statunitense George A. Romero, che già nel 1968 con “La notte dei morti viventi” e “Zombi”, uscito dieci anni dopo, li utilizza come metafora della società dei consumi contemporanea di cui già si potevano intuire le direttrici del suo sviluppo.
Gualano nel suo film scatena un’apocalisse zombie a Roma, durante una manifestazione contro l’apertura di un centro d’accoglienza: solo l’interno del centro sembra essere sicuro e gli ospiti faranno di tutto per restare in vita. Enrico (Antonio Bannò), un ragazzo di estrema destra, si mette al riparo all’interno del centro, mentendo sulla sua identità. Tra di loro ci sono Sara (Awa Koundoul) con il suo bambino, Ali (Pape Momar Diop, immigrato di seconda generazione), il solitario Ibrahim (Sidy Diop), Victor, leader del gruppo (Cyril Dorand Nzeugang Domche).
L’unico luogo sicuro è quel centro d’accoglienza che Enrico non voleva, mentre fuori i morti invadono la Capitale.
“Lo zombie è spinto da un istinto primitivo, non è mosso da odio vero e proprio – ha dichiarato lo sceneggiatore Rubbi – e per noi si prestava abbastanza bene a rappresentare l’odio che preme fuori dal centro d’accoglienza, perché cieco e non motivato”. Ma non solo, c’è un’ulteriore metafora “rispetto all’orda zombie e al viaggio che questi ragazzi compiono dall’Africa all’Italia nella traversata, perché per tanti di questi ragazzi il viaggio non finisce quando arrivano da noi, aspettano a lungo nei centri, non sanno cosa sarà di loro, se verrà accettata o meno la richiesta di asilo” ha aggiunto la regista che per il cast ha scelto molti migranti veri, con cui ha lavorato prima delle riprese, in un laboratorio di videomaking e recitazione “Il Ponte sullo schermo”.
Se per le location sono stati scelti “i centri sociali romani Strike e Intifada per dare un tocco di verosomiglianza e perché sapevo che potevano dare un di più anche dal punto di vista artistico e visivo”, per quanto riguarda il cast “sono state coinvolte anche delle persone che hanno vissuto queste esperienze, alcuni di loro avevano recitato, ma abbiamo lavorato 3 o 4 mesi prima di girare, nel laboratorio, con tutti che a rotazione interpretavano tutti i ruoli, dandomi quindi la possibilità di scegliere quelli più giusti per ognuno” ha commentato la cineasta.
Moltissimi artisti (il manifesto firmato da Zerocalcare), associazioni e case di produzione hanno sposato il progetto del film “mettendosi insieme per costruire qualcosa di grande e decidendo di dedicarci la loro estate. Avevamo anche uno chef e una cucina a disposizione, l’avvocato per i contratti, la consulente del lavoro, un vero e proprio collettivo che ha fatto nascere qualcosa, senza un apporto più grosso”.
Se per la distribuzione del film “abbiamo già vari contatti, dovrebbe uscire in sala nel 2019“, Luna Gualano auspica che “un ragazzino si trovi a guardare Go Home perché è un film di zombi e finisca per parteggiare per il liberiano, il nigeriano, il palestinese. Gli zombi sono un mezzo più che un obiettivo”.
Guarda il trailer di “Go Home – A casa loro”: